(Bungo Stray Dogs) - My Other Half
Mar. 31st, 2021 07:32 pmCow-t 11 – Settima Settimana – M5
Prompt: 006 Messiness
Fandom: Bungou Stray Dogs
Rating: SAFE (menzione al suicidio, Angst)
Numero Parole: 3908
Note: è una soul mate AU. Messiness nel senso di confusione ma la mente di Dazai è già abbastanza confusionaria di suo.
Nessuno sapeva come potesse essere accaduto, ma ad un certo punto, lungo il corso della storia, il genere umano aveva subito una sorta di mutazione genetica, se così la si poteva definire.
Contrariamente alle Abilità Speciali, questo cambiamento era avvenuto per tutti, senza alcuna distinzione. All’età di sedici anni, ogni individuo vedeva all’improvviso, comparire sulla propria pelle, un pezzo di tatuaggio. Era un simbolo diverso per ciascuno, la cui parte mancante si trovava incisa sul corpo della propria anima gemella. La cosiddetta soul mate.
C’erano persone che trascorrevano tutta la vita alla ricerca di quel pezzo mancante e, nonostante gli sforzi, non riuscivano mai a trovarlo, mentre altri, i più fortunati, finivano con l’incontrare la propria soul mate per poi trascorrere il resto delle loro esistenze in loro compagnia.
Non c’era legame più forte di quello che univa un uomo alla propria anima gemella, o almeno era così che questo fenomeno veniva raccontato e spiegato ai bambini. Era una bella favola, una specie di “vissero felici e contenti”.
Dazai non ci aveva mai creduto, anzi, non si era mai detto interessato a trovare la propria soul mate. Aveva solo un obiettivo: la ricerca di un suicidio perfetto e più indolore possibile. Perché dunque sprecare il proprio tempo a dedicarsi a qualcosa di inutile, lui voleva solo morire, non gli importava di altro. A volte gli capitava di pensare a quel povero disgraziato o disgraziata che avrebbe passato tutta la vita a sperare d’incontralo, be’, tanto non lo avrebbe mai conosciuto. Nemmeno il tempo di dispiacersi, che la sua mente aveva già formulato altri pensieri.
Aveva solo quattordici anni Dazai, quando Mori lo scelse come suo braccio destro e lo arruolò tra le fila della Port Mafia. Agli occhi di molti era solo un ragazzino, ma lui in fondo sapeva di non esserlo mai stato. Aveva avuto un’infanzia che tormentata era dire poco, aveva perso l’innocenza troppo presto, come anche la voglia e il desiderio di vivere. Entrare nella Mafia era la sua occasione per restare a stretto contatto con la morte. Dazai credeva che solo in questo modo, sarebbe riuscito ad apprezzare la vita.
Il suo primo incontro con Nakahara Chuuya non fu nulla di eccezionale. Era stato incaricato da Mori di indagare sulla ricomparsa del Boss precedente, che si pensava fosse ritornato alla vita e che poteva minacciare entrambe le loro posizioni. Dazai non seppe se chiamarlo fato o destino ma la sua strada finì con l’incrociarsi con quella di un ragazzino iracondo dai capelli rossi.
Nakahara Chuuya era il leader di un gruppo di mocciosi che si facevano pomposamente chiamare Pecore e che avevano avuto l’ardine, di opporsi alla Port Mafia. Peccato che, escludendo Chuuya, unico tra loro a possedere una qualche sorta di Abilità Speciale, gli altri fossero solo semplici orfani. Il rosso sembrava intenzionato ad indagare sull’apparizione di un certo Arahabaki, una bestia portatrice di distruzione che già anni prima aveva provocato una forte esplosione nel quartiere di Suribachi, creando un enorme cratere.
A Dazai bastò veramente poco per inquadrare tutta la situazione. Le Pecore stavano solo sfruttando Chuuya, utilizzando la sua Abilità solo per i loro comodi. Il rosso d’altra parte, non era affatto tagliato per il ruolo di leader. Gli era bastata una partita con conseguente vittoria ai videogame per capirlo.
Ma facciamo un passo indietro.
Il loro primo incontro/scontro fu disastroso ma ci fu anche di peggio. Dopo aver condotto Chuuya al Quartier Generale, il Boss Mori ebbe la geniale idea di farli collaborare per la risoluzione del caso.
Ovviamente entrambi avrebbero preferito la morte piuttosto che lavorare in squadra insieme.
Se c’era una cosa che Dazai aveva capito dalla primissima occhiata, era che niente in Chuuya gli piaceva, era proprio quel tipo di essere umano che lui più detestava e non era sorpreso che questo suo odio fosse ricambiato. Paradossalmente in coppia lavoravano davvero bene, erano una combinazione letale. Le loro Abilità si compensavano alla perfezione.
Ci misero relativamente poco a risolvere il caso di Arahabaki e del Boss precedente. Per essere la loro prima missione fu un completo successo.
Dazai scoprì la vera forma del potere di Chuuya e anche come lui potesse essere il solo, con la propria Abilità di annullamento, con la capacità di fermarlo prima che potesse arrivare all’auto distruzione. Dopo la risoluzione di quel caso, Dazai non fu sorpreso dalla decisione del Boss di reclutare il rosso all’interno della Port Mafia. Non si doveva essere certo dei geni per capire il reale potenziale del possessore di Arahabaki.
La cosa che lo lasciò senza parole, fu la scelta di metterli nella stessa squadra.
Avrebbe dovuto subirsi le urla quel tappetto isterico ad ogni missione. Fantastico.
Sperò di trovare presto un modo per suicidarsi in pace.
In tutto ciò, non c’era davvero il tempo di pensare alla ricerca della propria anima gemella.
Dazai e Chuuya avevano entrambi quindici anni e nessun marchio era ancora comparso sui loro corpi. Solo una volta, il rosso gli chiese sovrappensiero se ci credesse o meno. Erano su un tetto, il sole stava tramontando all’orizzonte, e loro si stavano godendo un attimo di relax al termine dell’ennesima missione. Chuuya fumava distrattamente una sigaretta mentre Dazai leggeva il suo libro sul suicidio.
A quella domanda, il giovane dirigente aveva storto il naso per replicare senza nessuna particolare intonazione della voce;
“Non dirmi che credi davvero a queste storie Chibi? Sei proprio un moccioso”, come prevedibile il rosso era scattato; Dazai sapeva davvero come accendergli la miccia.
“Non sono storie e quando troverò la mia soul mate te lo sbatterò in faccia, anzi sai che ti dico? Perché non facciamo una gara a chi trova prima la propria anima gemella?!” solo a quel punto, il rosso vide uno strano e pericoloso luccichio balenare nello sguardo del moro;
“Oh Chuuya, hai proprio intenzione di perdere”
“Staremo a vedere”
Quel giorno, a conversazione terminò così e per un po' nessuno dei due tocco più l’argomento.
Quando Oda Sakunosuke entrò a far parte della Port Mafia, Chuuya aveva appena compiuto sedici anni e un piccolo fiore si era formato alla base del suo collo, dietro la testa. Dazai avrebbe fatto gli anni il mese successivo.
Fu appunto in quel periodo, subito dopo il compleanno del moro, che iniziarono a frequentarsi.
Dazai era intervenuto con i suoi uomini per sedare una lite tra bande rivali che era presto degenerata in uno scontro più serio. Così, quasi per caso, la sua strada si era incrociata con quella del bizzarro tuttofare che sebbene appartenesse alla Port Mafia aveva scelto di non uccidere. Inutile dire che questo particolare intrigò subito il giovane dirigente.
Ben presto Dazai e Oda divennero inseparabili. La loro era una strana amicizia, in grado di scavalcare ogni grado e gerarchia. Anche il Boss all’inizio si era detto contrariato, ma in realtà non avrebbe mai negato nulla al suo pupillo, fintanto che poteva contare sulla fedeltà del ragazzo avrebbe accettato ogni sua più piccola stranezza o capriccio.
Con lo scoppio del Conflitto Testa di Drago e dalla notte della sua conclusione, la società underground di Yokohama ebbe modo di conoscere quanto spaventosa potesse essere la Soukoku. Da soli, Dazai e Chuuya, avevano completamente raso al suolo un’Organizzazione rivale.
Era un periodo d’oro. La Port Mafia non aveva rivali.
Poco dopo quegli eventi, Dazai e Oda fecero la conoscenza di Sakaguchi Ango, che si unì alla loro strana comitiva. I tre presto divennero inseparabili compagni di bevute. Erano soliti riunirsi in un piccolo locale, di poco lontano dalla zona del porto, Lupin si chiamava, dove trascorrevano le serate a bere e narrare i propri insuccessi, nella vita come nel lavoro.
In una di quelle sere, venne anche sfiorato l’argomento sulle anime gemelle. Fu Ango il primo a porre quella fatidica domanda:
“E voi ragazzi l’avete già incontrata la vostra soul mate?” Dazai e Oda si scambiarono un’occhiata confusa. In un paio di anni che si conoscevano non se lo erano mai chiesto, ne avevano mai affrontato l’argomento. Fu Odasaku a rispondere, con il suo solito tono calmo e pacato;
“Non mi sono mai soffermato troppo a riflettere sulla questione, con la vita che facciamo. Insomma un giorno siamo qui a bere insieme e quello dopo il nostro corpo giace senza vita in un sacco nero di plastica”
“Oda-kun non fare il macabro” lo ammonì il contabile. Dazai invece prese immediatamente le difese dell’amico; scattando come una molla sullo sgabello.
“Odasaku ha perfettamente ragione. La morte è la nostra e sola compagna di vita. Perché sprecare tempo ed energia alla ricerca di un qualcosa che non sappiamo nemmeno se esiste?”
Ango si sistemò meglio gli occhiali sul naso. Sospirando per l’ennesima volta nel corso di quella serata.
“Io ci credo. I miei genitori erano soul mate. Hanno avuto una lunga e felice vita insieme. È un legame che non si può descrivere bisogna vederlo con i propri occhi per comprenderlo”
Dazai storse il naso.
“Trovo solo questa faccenda delle anime gemelle priva di logica e fondamento” Oda sorrise;
“Non tutto a questo mondo può essere spiegato”
“Tuttavia a me non interessa. Non ho tempo da perdere alla ricerca di qualcuno con cui condividere il resto di una vita che tanto a breve avrà fine”
“Dazai-kun” lo ammonì Ango alzando gli occhi al cielo;
“Ma è la verità. Odasaku aiutami” l’uomo lo fissò per qualche minuto, prima di decidersi ad assecondarlo;
“Ango, Dazai ha ragione. Sai benissimo come è fatto. Dal suo punto di vista è inutile che si dedichi alla ricerca della propria anima gemella”
“Va bene. E che mi dici di te Oda-kun?” lo incalzò il contabile della Port Mafia. Odasaku si mise a fissare intensamente il bicchiere che aveva tra le mani. Era quasi vuoto.
“Non ci ho mai davvero riflettuto. Un tempo la mia vita era molto diversa. Come Dazai ho sempre pensato che incontrare la mia anima gemella non avesse alcun senso” Ango li osservò uno dopo l’altro.
“Sareste due ottime soul mate, amici miei” concluse alzando il bicchiere per un brindisi. Sembrava alticcio eppure non aveva bevuto molto. Dazai cercò ed incontrò gli occhi di Oda. C’era riflesso lo stesso stupore di chi era appena stato colpito da una strana, quanto felice epifania.
Dopo aver riaccompagnato Ango a casa (quel giorno fortunatamente era senza auto) Dazai e Oda si ritrovarono a passeggiare soli per le vie di una Yokohama improvvisamente deserta. Oppure così appariva a loro, troppo presi dal repentino cambio di rotta che quella serata aveva intrapreso. Iniziarono a camminare sempre più vicini, le loro mani iniziarono a sfiorarsi.
Il loro primo bacio che si scambiarono fu carico di desiderio. La loro prima volta fu non meno intensa.
Dazai non venne mai sfiorato dal dubbio che Odasaku non fosse il compagno che il destino gli aveva riservato. Preso dalla passione non notò minimamente il tatuaggio del uomo, come Oda non poté vedere il suo, sotto i vari strati di bende che ancora lo ricoprivano.
Per un po' furono felici. Lo furono davvero, nonostante l’oscurità che caratterizzava le loro vite riuscirono a ritagliarsi quei brevi istanti di pace.
Chuuya si sentì vicino ad aver perso la scommessa, anche se la relazione tra i due non fu mai apertamente ufficializzata né confermata dai diretti interessati. Solo in pochi conoscevano quello che il giovane dirigente e il tuttofare stavano vivendo. Una cerchia ristretta.
Come sempre, la felicità per due mafiosi non poteva che avere vita breve.
Le loro esistenze cambiarono drasticamente in un giorno di gennaio. In una mattina come tante, Ango sparì nel nulla e Odasaku venne incaricato dal Boss di cercarlo.
Col senno di poi quello fu l’inizio della fine.
Una serie di eventi vennero messi in moto. Al termine di quell’intricata quanto assurda vicenda, la Port Mafia aveva ottenuto il permesso di esercitare i propri affari come Organizzazione con individui dotati di poteri mentre Oda Sakunosuke era morto. Osamu Dazai, il più giovane dirigente della storia della Port Mafia risultava disperso e nessuno aveva più sue notizie da giorni.
Con la morte di Odasaku, Dazai aveva capito che l’amico non era mai stato la sua soul mate.
Si erano illusi entrambi. Fu come svegliarsi da un lungo sogno.
Quando la propria anima gemella perde la vita, anche il proprio tatuaggio scompare, quello di Dazai invece, a ventiquattro ore dalla scomparsa di Oda, era ancora al proprio posto.
Una volta tornato nei suoi appartamenti, quella sera, il moro si era strappato tutte le bende di dosso. Quei pezzi di stoffa, ancora impregnati dal sangue di Odasaku si erano accumulati ovunque nel pavimento. Completamente nudo, davanti allo specchio, Dazai osservava con orrore il proprio tatuaggio spiccare alla base del collo. Era ancora lì, ed era identico all’ultima volta che lo aveva visto.
Nonostante Odasaku non fosse destinato a lui, il moro non avrebbe mai rinnegato il tempo trascorso insieme e ciò che gli aveva insegnato. A modo suo l’aveva amato, si erano amati. Quell’uomo però non era la sua anima gemella. Lui o lei erano ancora da qualche parte, in attesa. A Dazai non importava, come sempre c’era altro che aveva la precedenza nei i suoi pensieri.
Prima di morire, Oda gli aveva strappato una promessa, e ora il moro sarebbe vissuto il resto della sua vita, per onorarla. Ormai non c’era più posto per Dazai nella Port Mafia. Non sarebbe rimasto un giorno di più a lavorare per l’uomo che con le sue trame aveva direttamente o meno portato alla morte di Odasaku.
Sarebbe diventato un uomo migliore. Lo aveva promesso al suo amico.
La notte in cui Oda Sakunosuke morì, anche Osamu Dazai, dirigente della Port Mafia scomparve.
Il Dazai che rimaneva era un uomo distrutto, una pallida caricatura di ciò che era stato un tempo, eppure, aveva trovato qualcosa a cui aggrapparsi per cercare di tirare avanti. Odasaku aveva ragione, per lui buono, cattivo, vita, morte erano parole vuote, senza significato. Stare dalla parte del bene o del male non gli interessava.
Come non gli interessava trovare il possessore dell’altra metà di quel tatuaggio. Ogni volta che si specchiava, quel simbolo se ne stava lì, quasi a volerlo accusare silenziosamente con la sua sola presenza. Dazai continuava a coprirlo sotto strati e strati di stoffa, pensando in modo abbastanza infantile che se ignorava il problema, sarebbe stato come se questo non fosse mai esistito. Era un’illusione, un’utopia alla quale piaceva credere. Così era semplicemente tutto più facile. Dopo la morte di Oda c’era una tale confusione nella sua testa.
Aveva lasciato la Mafia senza guardarsi indietro, non aveva salutato nessuno ne avrebbe desiderato farlo. Non aveva più alcun legame con quel mondo oscuro che era stato per quattro lunghi anni la sua sola casa.
Aveva solo avuto il tempo di costruire una bomba rudimentale, che aveva utilizzato per far esplodere l’auto del suo partner. Non sapeva nemmeno lui come gli fosse venuta un’idea simile, forse aveva solo bisogno di compiere un ultimo gesto eclatante come regalo d’addio.
Era davvero riuscito a cambiare vita Dazai. Aveva realizzato il suo obiettivo.
Si era unito all’Agenzia dei Detective Armati e ora si trovava davvero dalla parte di chi aiutava e salvava le persone. Non era ancora un uomo propriamente buono, ma ci stava lavorando. Si era impegnato al massimo per riuscirci.
Fu così che Dazai ebbe modo di incontrare Atsushi Nakajima. Quel ragazzino aveva il potere di sorprenderlo ogni volta. L’ex dirigente della Port Mafia lo osservava, mentre giorno dopo giorno, cresceva e maturava, al termine di ogni missione ed ostacolo che si trovavano ad affrontare insieme.
Dopo aver visto per la prima volta l’Abilità Speciale di Atsushi, Dazai non ebbe il minimo dubbio, avrebbe creato una squadra d’attacco ancora più forte di quella formata un tempo da lui e Chuuya. Una nuova versione della Soukoku, forse ancora più forte della precedente.
Dazai sapeva che presto Yokohama sarebbe stata minacciata da qualcosa di molto pericoloso, come sapeva che non avrebbero mai potuto contrastarlo da soli. La partnership tra Atsushi e il suo vecchio discepolo Akutagawa si rivelò essere un vero colpo da maestro.
Ciò che il moro non aveva previsto però, fu che quei due non solo erano una perfetta e letale squadra d’attacco ma si erano scoperti anche essere anime gemelle. I due ragazzini ne vennero a conoscenza per puro caso e Dazai subito dopo di loro.
Quella fu la prima volta, che il moro ebbe una prova tangibile dell’esistenza di una sorta di legame tra due soul mates. Si trovò a studiare ed osservare il mutare del comportamento dei suoi due kohai. Se il giorno prima Akutagawa ringhiava e minacciava di morte il ragazzo tigre, ora lo sopportava in silenzio ma non solo, veniva comandato a bacchetta da lui e lo seguiva ovunque come un cagnolino, senza fiatare. Il possessore di Rashomon era stato completamente addomesticato e Atsushi non aveva dovuto faticare per riuscire in tale impresa.
Dazai era senza parole e il resto dei dipendenti dell’Agenzia con lui.
Intanto l’universo sembrava divertirsi a mettergli i bastoni fra le ruote.
Il Presidente dell’Agenzia Fukuzawa-dono e il Boss Mori, avevano stretto una sorta di accordo che prevedeva saltuariamente il ritorno sulla scena della Soukoku originale. La prima volta, durante la missione per il recupero di Q, si erano rivelati impeccabili. Come se quattro anni di lontananza non avessero in nessun modo intaccato la loro alchimia, la loro chimica. Per quanto a Dazai costasse ammetterlo i loro superiori ci avevano visto giusto. Se dal punto di vita umano si odiavano, in quello lavorativo lui e Chuuya insieme erano perfetti. Non c’erano altri aggettivi per descriverli.
L’ex dirigente conosceva il rosso come le sue tasche e Chuuya poteva dire lo stesso. Ogni movimento, mossa, tempismo o strategia. Non avevano segreti tra di loro.
Poi come spesso accade un imprevisto cambiò nuovamente le carte in tavola, e insieme ad esse anche la vita dello stesso Dazai. Fu una sorta di incidente. Dopo quel fatto, niente sarebbe più tornato come prima.
Nel corso dell’ennesima collaborazione tra Port Mafia ed Agenzia, Dazai si trovò a dover salvare Chuuya dalla sua stessa Abilità. Fu durante i fatti di Dead Apple. Il rosso aveva affrontato addirittura un drago solo per schiaffeggiarlo, ed aiutarlo così a portare a compimento il suo folle piano. Anche quella volta, si erano coperti le spalle a vicenda, solo come due compagni potevano fare. Fu allora, quando Dazai si trovò a bloccare Chuuya schiacciandolo contro le sue gambe, proteggendolo in quel modo dalla sua stessa Abilità che lo vide, il tatuaggio che il rosso aveva sempre celato alla sua vista.
I vestiti di Chuuya erano a pezzi, ed aveva perso il nastro che portava sempre legato intorno al collo. Dazai non aveva mai pensato che potesse utilizzarlo per nascondere quel simbolo. Si bloccò di colpo, scostandogli piano una ciocca di capelli per poterlo osservare meglio. Era come caduto in un momentaneo stato di trance.
“Si può sapere che cazzo fai idiota?!” ma bastò uno sguardo del moro per zittirlo.
“Il tatuaggio” mormorò quasi senza fiato cercando lo sguardo del più piccolo.
“Eh?” inizialmente Chuuya non capì. Si toccò distrattamente il collo e solo allora notò che non c’era più alcuna traccia del nastro. Per la prima volta, il rosso si sentì quasi nudo,totalmente esposto e vulnerabile. Quanto odiava che fosse accaduto proprio di fronte a Dazai. L’ex partner che in quel momento lo stava guardando con l’espressione più sconvolta che gli avesse mai visto fare.
“Chuuya…” iniziò a dire ma l’altro allungò una mano per coprirsi, aveva dolore ovunque e si sentiva ogni parte del corpo pesante ma il suo orgoglio glielo imponeva. Non si sarebbe mai compromesso davanti a quell’idiota bendato.
“Non hai visto niente. Dimentica tutto” sbraitò tentando di fare il possibile per coprirsi ma ormai era inutile.
“No”
“Ah?”
“Non puoi chiedermi di farlo” mai gli occhi di Dazai gli erano parsi così oscuri, profondi, però c’era anche qualcos’altro al loro interno, qualcosa che Chuuya non aveva mai visto prima.
“Certo che posso brutto idiota bendato” stava cercando di raccogliere le ultime energie per divincolarsi dalla presa del ex partner che si era fatta all’improvviso più forte e salda.
“Mollami”
“No” il rosso alzò di poco lo sguardo. Non poteva credere a quanto stava per succedere. Dazai si sporse in avanti catturando le sue labbra. Dopo lo stupore e la sorpresa iniziali, Chuuya, privo di forze, decretò la resa e si lasciò trasportare, cullato da quel bacio. Quando si staccarono, parecchi minuti dopo, entrambi avevano il fiato corto.
Fu il rosso il primo a domandare: “Perché?” di tante cose assurde che quel ragazzo bendato aveva fatto e di cui era stato testimone, questa le batteva tutte.
Dazai inizialmente non rispose, si limitò a piegare lievemente il capo, iniziando a dipanare le bende che gli ricoprivano il collo. Un timido sorriso fece capolino sul suo volto. Fu allora che Chuuya lo vide, e di colpo ogni cosa acquistò un senso.
Sulla pelle diafana di Dazai c’era l’esatta metà del fiore che mancava a lui.
Era lui la sua anima gemella. Lo era sempre stato.
Si fissarono ancora a lungo per qualche istante prima di tornare a baciarsi. Chuuya all’improvviso scoppiò in lacrime. Stava provando così tante emozioni insieme che non poteva più contenersi. Il destino aveva davvero uno strano senso dell’umorismo. Era talmente ovvio, quasi scontato che fossero soul mate che forse erano solo sorpresi di non esserci arrivati prima. Forse avevano solo avuto bisogno di tempo. Dazai doveva maturare l’idea di accettare tutta la faccenda delle anime gemelle e superare il lutto per la morte di Oda. Esattamente come Chuuya doveva mettere da parte l’orgoglio.
Quando si staccarono dall’ennesimo bacio l’ex dirigente della Port Mafia disse solo poche parole che ebbero però il potere di far sorridere entrambi;
“Direi che la nostra scommessa si conclude con un pareggio”
“Non posso che essere d’accordo con te. D’altronde sei la mia anima gemella”
Con il senno di poi, era ovvio, quasi scontato che si trattasse di Chuuya. Nessuno al mondo lo capiva meglio del proprio ex partner. Avevano un grado d’intesa che nemmeno con Odasaku aveva mai raggiunto.
Dazai, che non aveva mai creduto nel lieto fine, iniziava a pensare che forse si era sbagliato e al mondo c’era una ragione per tutto. Forse anche la morte di Oda era solo servita per fargli aprire gli occhi e maturare abbastanza da accettare l’idea di avere una soul mate, e che questa fosse proprio Chuuya.
Quello che stava per iniziare, con l’alba di quel nuovo giorno era solo un nuovo capitolo della loro vita. L’unica differenza era che questa volta avrebbero scritto insieme.
Tutta la confusione che balenava nella mente di Dazai era di colpo scomparsa. Era bastato solo stringere la mano di Chuuya e di colpo non aveva avuto nessun dubbio.
Forse il lieto fine non era poi tanto male, il suicidio avrebbe potuto aspettare, anche se…
“Chuu ti va di compiere un suicidio di coppia?”
Quando Atsushi e Akutagawa li raggiunsero Dazai era ancora a terra, steso dal pugno della sua anima gemella.
Tuttavia sorrideva radioso.