(Jujutsu Kaisen) - Choice
Apr. 5th, 2025 06:59 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Cowt-14 Quinta Settimana - M1
Fandom: Jujutsu Kaisen (omegaverse, tematiche delicate, aborto)
Numero parole: totale 5389 (capitolo 1: 500 ; capitolo 2: 3910 ; capitolo 3: 979 )
Capitolo 1: la scoperta
Megumi non era mai stato uno a prendere decisioni facili. Fin da bambino, il suo mondo si era sempre costruito sulle scelte obbligate: la solitudine che gli imponeva il suo status di Omega, il peso di un destino che sentiva di non poter controllare, il silenzio che lo circondava quando non aveva nessuno da cui farsi sentire.
Eppure, ora, in quella piccola stanza silenziosa del suo appartamento, era davanti a una decisione che non aveva mai immaginato sarebbe arrivata.
Positivo.
La parola gli rimbombava nella mente. Non riusciva a fare altro che fissare quella piccola striscia bianca sul test, come se quella fosse la risposta a tutte le domande che non si era mai posto. Omega. Gravidanza confermata.
Lo sguardo gli si annebbiò per un momento, e il respiro divenne più corto, come se avesse perso il contatto con il mondo attorno a sé.
Non era la paura di diventare padre. Non era la paura della responsabilità.
Era il peso di una scelta che non sapeva come fare. Una vita. Un nuovo inizio. Ma con quale diritto?
Con quale diritto poteva permettersi di portare un bambino in un mondo come il loro? Un mondo dove ogni giorno era una battaglia, dove il pericolo non li lasciava mai. E poi c’era Yuji…
Yuji che lo guardava sempre con quella luce negli occhi, senza mai giudicarlo, senza mai chiedere nulla che Megumi non fosse disposto a dare. Ma come avrebbe reagito? Era giusto? Era giusto per loro?
E soprattutto, era giusto per il bambino?
Megumi si guardò allo specchio, il viso che gli restituiva un’immagine che non riconosceva. Il respiro affannato gli sfiorò le labbra mentre le dita, quasi senza volerlo, si posavano sul suo ventre. Un piccolo segreto nascosto dentro di lui. Un segreto che sarebbe stato troppo difficile da mantenere a lungo.
Non sapeva cosa fosse più difficile: guardare il futuro e sentire che, in un modo o nell’altro, avrebbe avuto delle ripercussioni su di lui, o pensare che, se avesse scelto di non affrontarlo, avrebbe passato il resto della sua vita a domandarsi cosa sarebbe successo se avesse preso un’altra strada.
Il dilemma gli si piantava dentro come una spina: tenere il bambino o no? Ogni opzione sembrava portarlo verso una solitudine ancora più grande, verso una distanza che non riusciva a colmare. Era come se l’universo gli stesse chiedendo di scegliere il destino, di prendere il controllo, ma in quel momento, non riusciva a trovare nemmeno la forza di respirare.
Il suono della porta che si apriva alle sue spalle lo fece sobbalzare. Yuji era tornato. Non sapeva nemmeno se fosse giusto dirglielo subito o se avrebbe dovuto trovare il coraggio di affrontare quella verità da solo.
“Hey, Megumi, sei ancora qui?” La voce di Yuji lo raggiunse, familiare e rassicurante, ma Megumi non riusciva a rispondere.
Non sapeva come dirgli che, per la prima volta, la sua vita e il suo futuro dipendevano da una scelta che non avrebbe mai voluto fare.
Capitolo II: scelta di tenerlo
Yuji si sedette accanto a lui senza fare una domanda, come se sapesse che qualcosa non andava, ma preferisse aspettare che fosse Megumi a parlare. La sua presenza era calda, rassicurante, un contrasto netto con il gelo che invase il petto di Megumi. Aveva bisogno di tempo, eppure non riusciva a smettere di pensare alla verità che gli bruciava dentro.
“Yuji,” la sua voce sembrò stranamente sottile, come se il peso delle parole gli strozzasse la gola, “ho qualcosa da dirti.”
Yuji lo guardò, occhi pieni di quella consueta, implacabile energia. Ma c’era una scintilla in più, come se fosse consapevole che oggi le cose sarebbero state diverse. “Cosa c’è, Megumi? Che succede?”
Non fu la sua preoccupazione, né la sua insistenza, a turbarlo. Fu il modo in cui Yuji lo guardava, come se potesse prenderlo in qualsiasi momento, senza paura, senza reticenze. Megumi abbassò gli occhi, trovando conforto nel rumore del respiro che si faceva sempre più veloce.
Devo farlo, adesso.
“Yuji…” Megumi si fermò. “Sono incinto.” La frase uscì in un soffio, come se le parole avessero una consistenza fisica che minacciava di strappargli il fiato. Non riusciva a guardarlo negli occhi. Non voleva vedere quella reazione. Non voleva vederlo deluso, spaventato o sorpreso.
Ma il silenzio che seguì fu più insopportabile di qualsiasi reazione negativa. Il mondo si fermò per un istante. Megumi sentì il battito del cuore aumentare ancora, come se il suo corpo stesse cercando di scappare da quella realtà. Il pensiero che aveva cercato di seppellire tornò prepotentemente a galla, e si ritrovò a pensare che, forse, non sarebbe stato mai pronto.
Yuji non parlò per un lungo momento. Poi, lentamente, con la solita calma che contrapponeva il suo cuore frenetico a ogni altra cosa, posò una mano sulla spalla di Megumi. “Non devi dirlo come se fosse una cosa da cui scappare, Megumi,” disse con voce dolce, ma ferma. “Non mi spaventi.”
Megumi sollevò lo sguardo, trovando gli occhi di Yuji che lo guardavano con la solita sincerità, quella che gli faceva sentire che niente poteva davvero separarlo dal suo compagno. Non mi spaventi…
“Non so se sono pronto, Yuji. Non so se…” Megumi non riusciva a continuare. C’era troppa paura, troppo dolore da esprimere. Ma Yuji non lo lasciò finire.
“Non dobbiamo essere pronti per tutto, Megumi,” Yuji rispose, la sua voce ferma e serena. “Però possiamo farlo insieme. Se è quello che vuoi.”
Era più di quello che Megumi si aspettava. Non c’era giudizio, non c’erano domande. Solo una promessa silenziosa. Yuji non chiedeva a Megumi di essere perfetto. Non chiedeva risposte facili. Sapeva che la scelta sarebbe stata difficile. Eppure, in quel momento, non c’era nulla che li separasse. Nessuna distanza. Nessuna paura. Solo la possibilità di affrontare ciò che sarebbe venuto.
Megumi chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla sensazione di quelle parole che gli risuonavano nel cuore. Era una possibilità, una chance che non pensava di meritare, eppure Yuji gliela stava offrendo. Non come una via di fuga, ma come una nuova via da percorrere. E, per la prima volta, Megumi sentì che forse, insieme, avrebbero potuto farcela.
“Voglio tenerlo,” sussurrò alla fine, la decisione che gli aveva tormentato il cuore si schiariva finalmente. Non sapeva cosa sarebbe successo, ma sapeva che non sarebbe stato da solo. Non più.
I giorni seguenti furono un susseguirsi di silenzi e parole non dette, ma anche di piccoli momenti di tranquillità. La decisione era stata presa, eppure, a volte, Megumi si sentiva come se il peso del futuro gli stesse schiacciando il petto. Non c’era più un’indecisione totale, ma una consapevolezza che si faceva sempre più tangibile: il mondo stava cambiando intorno a lui, e lui non avrebbe mai potuto tornare indietro.
Yuji non lo lasciava mai solo. Ogni giorno, un gesto di supporto, un sorriso che cercava di rassicurarlo. Ma Megumi, nonostante l’amore che sentiva per lui, non riusciva a non sentirsi distante. Un vuoto lo separava dalla realtà di quella decisione, e la paura che lo aveva tormentato non se ne andava.
“Come ti senti?” la voce di Yuji arrivò una sera, mentre si sdraiavano nel silenzio della loro stanza. Megumi aveva gli occhi chiusi, ma non stava dormendo. Sentiva il respiro di Yuji vicino, il calore che emanava da lui. Non c’era mai stato nessuno a cui si fosse sentito tanto vicino e, allo stesso tempo, così distante. La sua solitudine sembrava essere rimasta intatta, incastrata tra il loro amore e la consapevolezza che la sua vita stava cambiando per sempre.
“Non lo so,” rispose, la sua voce ancora bassa, come se avesse paura di parlare troppo a voce alta. “Ogni volta che ci penso, sembra tutto troppo grande. Troppo per me.”
Yuji si girò, cercando il suo sguardo. “Non sei solo, Megumi. Io sono qui, sempre.” La sua mano sfiorò delicatamente il braccio di Megumi, ma quest’ultimo si irrigidì, come se non fosse ancora pronto a cedere completamente a quella vicinanza. Non era paura di Yuji. Era paura di se stesso, della sua incapacità di gestire ciò che stava accadendo.
“Sai, quando ero piccolo… ho sempre pensato che non avrei mai potuto essere un buon genitore. Che non avrei mai avuto la forza.” Yuji continuò a parlare, come se cercasse di sbloccare qualcosa dentro di lui. “Ma poi ho visto te. E ho capito che… beh, forse non serve essere perfetti. Serve solo esserci. Ci basta esserci.”
Megumi sentì le parole risuonare dentro di lui. “E tu pensi che io sarò un buon genitore?” chiese, il tono basso ma sincero, come se volesse sapere se Yuji vedeva in lui qualcosa che lui stesso non riusciva a riconoscere.
“Non è una questione di essere ‘buoni’ o ‘perfetti’,” Yuji rispose con un sorriso, un sorriso che sapeva di fiducia. “È una questione di esserci. E tu ci sei. E lo sarai. Lo so.”
Megumi chiuse gli occhi, lasciandosi andare per un attimo. La verità che Yuji gli stava offrendo era più grande di qualsiasi cosa lui potesse sentire dentro. Non si sentiva pronto, ma in quel momento non aveva bisogno di esserlo. Quello che aveva bisogno era solo di fidarsi.
“Non posso cambiare il passato,” disse infine, con una voce più calma, più pacata. “Ma voglio provare a costruire un futuro. Con te. E con lui.”
Yuji gli strinse la mano. “E lo faremo, Megumi. Lo faremo insieme.”
La gravidanza di Megumi proseguì tra alti e bassi. Nonostante la paura che ogni giorno portava con sé, c’era qualcosa di incredibilmente solido nel sostegno di Yuji. Ma non era tutto facile. A volte, Megumi si svegliava nel cuore della notte, preso dal panico per ciò che sarebbe successo. Altre volte, era la sensazione che nulla sarebbe mai stato abbastanza. Ma in quei momenti, Yuji c’era, pronto a sostenerlo, a rassicurarlo, a prenderlo tra le sue braccia quando il mondo sembrava troppo grande.
Ma le cose non erano solo semplici per Megumi. Anche Yuji stava combattendo con i suoi dubbi. C’era una tensione che non riusciva a spiegare, come se qualcosa fosse sotto la superficie della loro relazione, qualcosa che li stava cambiando. La consapevolezza che Megumi stava per diventare genitore lo aveva travolto in modi che non si aspettava. Non solo doveva fare i conti con il suo ruolo di compagno, ma anche con il futuro che lui stesso non riusciva a vedere con chiarezza.
Eppure, entrambi sapevano che avevano fatto una scelta, e non l’avrebbero mai rimpianta. La vita non era mai stata facile per loro. Ma ora, forse, avevano trovato la loro strada, una strada che, seppur imperfetta, li avrebbe portati a qualcosa di nuovo, di importante, insieme.
I mesi passarono con una velocità che sembrava ingannevole, come se la gravidanza di Megumi fosse diventata una tempesta in pieno svolgimento, ma lui non riusciva mai a capire se stava vivendo l’occhio del ciclone o se stava solo cercando di sopravvivere alla furia. Il corpo cambiava e, con esso, anche la sua mente. C’era una sensazione di costante inadeguatezza che non riusciva a scrollarsi di dosso, un’ombra che lo inseguiva in ogni angolo. Ogni piccolo cambiamento, ogni piccolo malessere fisico sembrava amplificato dalla sua ansia.
A volte, si svegliava nel cuore della notte, un sudore freddo sulla pelle, con la sensazione che qualcosa stesse andando storto. Le nausee mattutine non lo abbandonavano mai, ma era il battito del cuore del bambino a tormentarlo, a volte così forte e veloce da sembrare il suo, altre così lontano che lo faceva dubitare di essere pronto per accogliere davvero quella nuova vita.
Le sue mani tremavano ogni volta che cercava di mangiare, come se il cibo fosse qualcosa di estraneo, di non appartenente a lui. Sentiva un peso crescente nel petto, ma sapeva che non poteva parlarne con nessuno, nemmeno con Yuji. Sentiva di non poterne più, ma il pensiero di deluderlo lo teneva in scacco.
Era una mattina particolarmente difficile. Megumi si alzò dal letto con la solita fatica, ma un’improvvisa nausea lo colse di sorpresa. Si chinò sopra il lavandino, cercando di trattenere il respiro, ma il suo corpo non lo obbediva. Le mani tremavano mentre cercava di mantenere il controllo, ma quando alzò la testa e vide la sua faccia riflessa nel vetro del bagno, qualcosa in lui scattò.
“Che cosa stai facendo?” si sussurrò, la voce strozzata, come se quella domanda fosse diretta a se stesso. “Non posso… non posso essere debole.”
Il silenzio che seguì fu pesante, quasi soffocante. Poi, una mano si posò sulla sua spalla. Era Yuji. Era sempre lì, ma in quei momenti Megumi non riusciva mai a trovare le parole giuste.
“Stai bene?” Yuji chiese, il suo tono preoccupato ma dolce. Megumi non rispose subito, ma alla fine si voltò verso di lui, cercando di forzare un sorriso che non arrivava mai. La nausea era stata solo uno dei tanti segnali di un corpo che stava cambiando, ma c’era di più sotto la superficie, una paura che lo paralizzava.
“Non è niente,” disse Megumi, ma la sua voce tradiva la stanchezza che stava accumulando. “Solo un momento di debolezza.”
Yuji non si fece ingannare. “Megumi…” La sua voce era seria, ma non giudicante. “Non devi farlo da solo. Non devi fare finta che vada tutto bene.”
Megumi lo guardò, ma il suo cuore sembrava pesante. “Non voglio che tu ti preoccupi per me. Non voglio che tu pensi che non ce la faccia.”
Yuji sospirò, avvicinandosi ancora di più e prendendolo delicatamente tra le braccia. “Lo so, ma non sono preoccupato solo per te. Sono preoccupato per noi, per quello che stiamo costruendo. E se non parli, non possiamo affrontarlo insieme.”
Megumi abbassò gli occhi. Non c’era più spazio per mentire, nemmeno a se stesso. “A volte ho paura di non essere abbastanza. Non mi sento pronto per questo, Yuji. Non so come farò ad essere il genitore che questo bambino merita.”
Il cuore di Yuji batté forte, ma non fece nessun altro gesto che non fosse quello di stringerlo più forte. Non ci furono parole rassicuranti, né promesse che potessero cancellare la paura che entrambi sentivano. Ma c’era qualcosa di confortante nell’abbraccio di Yuji, qualcosa che gli dava il coraggio di non spegnersi, di non arrendersi.
“Ti prometto che faremo del nostro meglio,” disse Yuji con sincerità. “E non importa quanto sarà difficile, io sarò qui. Sempre.”
Ma il momento di sollievo fu solo temporaneo. I giorni seguenti si presentarono con nuove sfide. Megumi iniziò a sentirsi sempre più isolato, come se ci fosse un muro invisibile che lo separava dal mondo. La gravidanza, purtroppo, non era solo una sfida fisica; stava diventando anche un peso emotivo che cresceva a ogni passo. La stanchezza lo avvolgeva, la sua mente non riusciva a concentrarsi, e il suo corpo sembrava sempre più un estraneo.
Una sera, dopo una giornata particolarmente difficile, Megumi si trovò a rifugiarsi nel suo angolo preferito della casa, lontano da Yuji, lontano da tutto. Si sedette sul pavimento, cercando di respirare lentamente. Il suo corpo era troppo stanco per reagire, ma la sua mente non si fermava mai. Sarò un buon padre?
Fu allora che sentì il rumore dei passi di Yuji avvicinarsi, e senza parole, Yuji si inginocchiò accanto a lui, stando in silenzio per un momento. Poi, con dolcezza, posò una mano sulla sua schiena, cercando di infondergli un po’ di quella calma che lui stesso faticava a trovare.
“Va tutto bene,” disse Yuji, più come un promemoria per entrambi. “Va tutto bene, Megumi. Siamo insieme in questo. Non devi affrontarlo da solo.”
Era una piccola verità, ma in quel momento, per Megumi, sembrò sufficiente. Non aveva tutte le risposte, non sapeva se sarebbe mai stato pronto, ma non sarebbe mai stato solo.
La gravidanza di Megumi stava iniziando a entrare in una fase delicata. Non solo la stanchezza e le nausee erano diventate compagne quotidiane, ma l’inquietudine sembrava crescere ogni giorno di più. La sua mente, già turbolenta, ora affrontava una tempesta di emozioni contrastanti, e il corpo non faceva che ricordarglielo.
Non era più solo una questione di paura per il futuro, ma anche di dubbi sulla sua capacità di sopportare il peso del suo ruolo. Yuji aveva sempre cercato di stare vicino a lui, eppure Megumi avvertiva una crescente distanza, un senso di solitudine che non riusciva a scacciare, nemmeno nei momenti più intimi. Yuji era lì, ma il pensiero che potesse non comprendere pienamente ciò che stava vivendo lo tormentava.
Una sera, dopo una lunga giornata, Megumi si rifugiò nel solito angolo della casa, lontano da Yuji. Aveva bisogno di un momento da solo, lontano dalla sua crescente ansia, ma la sua tranquillità fu interrotta dal suono dei passi di Yuji.
“Sei sicuro di voler stare da solo?” Yuji lo chiamò con voce lieve, ma preoccupata. “Non ti senti bene?”
Megumi alzò la testa, ma non rispose subito. Il volto di Yuji mostrava preoccupazione, e Megumi sapeva che non poteva più nascondere ciò che stava provando. Non poteva più fingere che andasse tutto bene.
“Mi sento… troppo stanco,” confessò finalmente, la sua voce più fragile di quanto volesse ammettere. “Non so se ce la farò. Non so se sono pronto.”
Yuji si sedette accanto a lui, senza dire nulla per un lungo istante. Poi, con delicatezza, gli posò una mano sulla schiena. “Non devi fare tutto da solo,” disse, la sua voce ferma ma piena di dolcezza. “Mi fai paura quando dici cose del genere. Non stai affrontando questo solo.”
Megumi abbassò gli occhi, cercando di nascondere la debolezza che stava provando. “Ma non posso fare altro. Non posso essere quello che tutti si aspettano. Non posso essere abbastanza per il nostro bambino.”
Yuji scosse la testa con un sorriso triste. “Non c’è una risposta giusta, Megumi. Non esistono risposte perfette. Ma so che sarai un buon genitore. Io sarò qui, ogni passo del cammino.”
Ma proprio quando sembrava che le cose stessero prendendo una piega più positiva, qualcosa di inaspettato accadde. Una mattina, Megumi si svegliò con un dolore acuto al fianco. Inizialmente pensò fosse solo la stanchezza, ma il dolore non passava. Un’ansia improvvisa lo sopraffece, e quando si alzò dal letto, si accorse che qualcosa non andava.
“Yuji…” la sua voce tremò, e Yuji si precipitò da lui, riconoscendo immediatamente che qualcosa non andava.
“Che succede? Megumi, che c’è?” Yuji lo guardò con preoccupazione, il suo viso teso.
Megumi non rispose subito, il respiro affannoso, il corpo tremante. “Non lo so… sento come se qualcosa stesse succedendo. Non è normale.”
Yuji lo afferrò con forza, preoccupato. “Dobbiamo andare subito all’ospedale.”
Megumi esitò, ma alla fine annuì. Non voleva allarmare Yuji, ma la paura era troppo forte. C’era qualcosa che non andava, e se fosse successo qualcosa al bambino? Se non fosse stato pronto, se non fosse stato abbastanza forte per affrontare ciò che stava per arrivare?
Il viaggio verso l’ospedale fu un susseguirsi di silenzi tesi. Megumi cercava di rassicurare Yuji, ma dentro di sé non riusciva a scrollarsi di dosso l’angoscia. Non aveva mai avuto paura di nulla come in quel momento. Cosa sarebbe successo se fosse stato troppo debole? Cosa sarebbe successo se non fosse riuscito a proteggere il bambino che portava dentro di sé?
Arrivati in ospedale, furono subito sottoposti a esami. La situazione si rivelò essere meno grave di quanto temessero, ma la preoccupazione non si placò facilmente. I medici avevano confermato che era solo un piccolo malessere legato ai cambiamenti ormonali, ma Megumi non riusciva a togliersi di dosso il senso di impotenza. Il dolore al fianco si era calmato, ma la paura di non essere abbastanza per affrontare la gravidanza, per proteggere il bambino, continuava a serpeggiare nel suo cuore.
“Sei sicuro che stia andando tutto bene?” Yuji chiese, con la voce tremante, quando furono finalmente soli nella stanza.
“Lo spero,” rispose Megumi, ma la sua voce tradiva la sua incertezza. “Non posso fermarmi a ogni paura, Yuji. Ma è difficile. Mi sembra che non ci sia mai fine.”
Yuji prese la sua mano, senza dire una parola, ma gli occhi parlavano per lui. “Non devi farcela da solo. Non devi far finta che sia facile, Megumi. Io ci sono.”
Megumi strinse la mano di Yuji, ma la paura rimase, come una presenza costante. La gravidanza era diventata una sfida ben più grande di quanto avesse immaginato, ma in quel momento, per la prima volta, sentiva che non sarebbe stato completamente solo a affrontarla.
La situazione di Megumi si sarebbe complicata ulteriormente nei giorni successivi. Non solo la gravidanza stava portando con sé complicazioni fisiche, ma il suo stato emotivo era sempre più precario. La paura di non essere un buon padre, la sensazione di non essere all’altezza, lo avvolgevano continuamente, mettendo a dura prova la sua capacità di affrontare il futuro. La paura di perdere il bambino si mescolava con la sensazione che il peso delle aspettative su di lui fosse insostenibile.
Tuttavia, Yuji era lì, e il suo amore, purtroppo mai del tutto esente da dubbi, diventava il suo punto di ancoraggio. La loro relazione sarebbe stata messa alla prova in modi che Megumi non aveva previsto, ma una cosa era chiara: insieme, avrebbero trovato la forza di affrontare tutto, anche quando la paura sembrava insormontabile.
Dopo le paure iniziali e le incertezze, la gravidanza di Megumi iniziò ad andare meglio. Nonostante le difficoltà fisiche e i momenti di ansia che lo avevano tormentato, i medici confermarono che la sua condizione era stabile, e che il bambino stava crescendo sano e forte. Tuttavia, la sua mente non si tranquillizzò facilmente: la paura di non essere pronto a diventare padre era ancora lì, nascosta sotto la superficie, pronta a riemergere in ogni momento di fragilità.
Fu un processo graduale. Nei mesi che seguirono, Megumi imparò a convivere con il corpo che cambiava, con l’idea che stava per diventare padre. Ogni visita al medico portava con sé una leggera speranza, ma anche un senso di colpa, come se non fosse abbastanza preparato a quel nuovo capitolo della sua vita. Spesso, si rifugiava nei suoi pensieri, cercando di trovare un equilibrio tra le sue paure e la consapevolezza che non poteva più tornare indietro. L’idea di proteggere il bambino diventava un pensiero costante che occupava la sua mente, ma Yuji era sempre lì a fargli da ancoraggio.
Yuji non lo forzava mai a parlare se non voleva, ma c’era sempre un sorriso rassicurante e una mano tesa ogni volta che Megumi lo guardava. Non parlavano tanto dei timori di Megumi, ma entrambi sapevano che, nonostante tutto, c’era un legame che cresceva tra loro, una solida fiducia che rendeva le paure più sopportabili.
Ogni giorno, a modo suo, Yuji cercava di rassicurare Megumi, anche con gesti semplici, come preparargli il cibo preferito o rimanere in silenzio accanto a lui nelle lunghe notti insonni. Yuji cercava sempre di farlo ridere, anche se a volte Megumi non se la sentiva. Ma i piccoli gesti contavano: erano questi momenti che gli facevano sentire che, forse, ce l’avrebbero fatta.
Un giorno, durante una passeggiata tranquilla, mentre il sole calava all’orizzonte, Megumi si fermò a guardare il cielo. Yuji lo seguì, fermandosi al suo fianco. C’era una calma che non si era mai sentita prima, come se l’intero mondo si fosse fermato per un momento.
“Sei preoccupato per il futuro, vero?” chiese Yuji, con la sua tipica sincerità. “Ma non devi esserlo. Siamo qui, insieme. E se dobbiamo farlo, lo faremo. Ma non dobbiamo farlo da soli.”
Megumi lo guardò, vedendo la determinazione nei suoi occhi, una determinazione che gli ricordava che non era solo. Anche se il futuro era incerto e pieno di paure, il suo cammino non sarebbe stato solitario. Yuji era lì, pronto ad affrontare tutto con lui.
“Lo so,” rispose Megumi, la voce finalmente più calma, sebbene il cuore continuasse a battere forte. “Ma ho paura che non sarò un buon padre.”
Yuji sorrise e lo abbracciò. “Non devi esserlo subito. La perfezione non esiste. Ci saremo per imparare insieme.”
Megumi si lasciò andare a quel abbraccio, per la prima volta sentendo che forse, con Yuji al suo fianco, avrebbe potuto affrontare davvero tutto. Il bambino che stava per arrivare non era solo una nuova vita da proteggere, ma anche il segno di un nuovo inizio, un’opportunità per crescere, insieme.
Nei mesi successivi, la gravidanza procedette senza ulteriori intoppi. Megumi e Yuji si adattarono a questa nuova realtà, imparando a gestire le sfide quotidiane con una consapevolezza rinnovata. Yuji si preoccupava di ogni piccolo dettaglio: che Megumi mangiasse abbastanza, che dormisse, che stesse bene. Megumi, a sua volta, si sforzava di non farsi sopraffare dalle sue preoccupazioni, ma sapeva che tutto sarebbe cambiato quando il bambino sarebbe arrivato. Ancora una volta, il futuro sembrava un terreno incerto, ma ogni giorno che passava lo rendeva più sopportabile.
“Abbiamo tempo per prepararci,” diceva Yuji ogni volta che Megumi esprimeva le sue paure. “E anche quando arriverà, lo affronteremo insieme.”
E fu in quei momenti, mentre preparavano la stanza per il bambino o scelgono insieme il nome, che Megumi si rese conto di come il suo cuore stesse cambiando. Non solo il suo corpo, ma anche il suo spirito, stava evolvendo. La paura non sarebbe mai scomparsa completamente, ma era diventata qualcosa che poteva affrontare, grazie a Yuji e al bambino che portava dentro di sé.
Quando il grande giorno arrivò, il mondo sembrava fermarsi ancora una volta. Non c’era il frastuono della paura, solo la calma di una nuova vita che stava per iniziare. Yuji, con il suo solito sorriso, gli teneva la mano, e Megumi non aveva mai sentito il suo cuore battere così forte. Il dolore e la fatica del parto erano dimenticati in un attimo, quando finalmente videro il loro bambino per la prima volta.
“Ce l’abbiamo fatta,” sussurrò Yuji, mentre osservavano il piccolo che avevano portato al mondo, la piccola vita che sarebbe diventata il centro di tutto. Megumi annuì, il sorriso che gli si formava sul volto era diverso da quello che aveva conosciuto. Era un sorriso di sollievo, di speranza.
In quel momento, Megumi capì che la paura, seppur presente, non aveva mai avuto l’ultima parola. Era l’amore, la fiducia e il legame che avevano costruito insieme a Yuji che avrebbero guidato loro e il bambino verso il futuro.
Capitolo III: sceglie di non tenere il bambino
Il peso della gravidanza si era fatto sempre più difficile da sopportare. Megumi si sentiva intrappolato tra il suo desiderio di essere libero da tutto ciò e il timore che la sua vita stesse per cambiare irrevocabilmente. La paura lo consumava: non sarebbe mai stato abbastanza per un bambino, non avrebbe mai potuto proteggere una nuova vita come avrebbe voluto. Non poteva. Eppure, il suo corpo tradiva ogni sua volontà di evitare la realtà.
Ogni mattina, si svegliava con il cuore pesante, un pensiero fisso che lo tormentava: Forse dovrei lasciarlo andare. Non avrebbe mai potuto vivere una vita tranquilla, non ora. La sua natura di Omega, le sue paure riguardo alla sua vulnerabilità e il suo passato tormentato lo rendevano incapace di immaginare una vita come genitore. Avrebbe fatto soffrire quel bambino, come lui stesso aveva sofferto. Non c’era alcuna via d’uscita.
Una sera, quando Yuji era fuori per una missione, Megumi si trovò da solo nel loro appartamento. Il silenzio che lo circondava sembrava amplificare le sue angosce. Si guardò allo specchio e vide il suo volto pallido, i suoi occhi che brillavano di una tristezza che non riusciva a nascondere. Quel bambino che cresceva dentro di lui non era solo un peso fisico, ma un fardello emotivo che lo stava spezzando. Non avrebbe mai potuto essere il padre che Yuji avrebbe voluto, né la figura stabile che il bambino avrebbe meritato.
E così, Megumi decise: non avrebbe tenuto il bambino.
Era una scelta che sentiva come un atto di protezione. Non voleva far soffrire il bambino, e non voleva che Yuji fosse costretto a portare il peso di una decisione che non si sentiva pronto a fare. Si alzò dal letto, senza sapere nemmeno bene cosa fare, ma con una determinazione che non aveva mai provato prima.
Quando Yuji tornò a casa quella sera, la tensione nell’aria era palpabile. Non c’era la solita energia di sempre, né il sorriso spontaneo che di solito illuminava il volto di Megumi. Yuji lo guardò, preoccupato.
“Megumi, che c’è? Hai l’aria… stanca,” disse Yuji, avvicinandosi a lui con un’espressione di preoccupazione. “Tutto bene?”
Megumi non sapeva come iniziare. Non voleva farlo. Non voleva che Yuji lo odiasse. Non voleva che questa scelta li separasse. Ma sapeva che non avrebbe mai potuto fare diversamente. La paura era troppo forte. La sua voce tremò mentre cercava di trovare le parole giuste.
“Yuji… non posso farlo. Non posso tenerlo.”
Le parole furono come un colpo allo stomaco per Yuji. Lo guardò, incapace di comprendere appieno ciò che stava succedendo. Non riusciva a credere a quello che stava sentendo. La paura che aveva percepito negli occhi di Megumi si materializzò improvvisamente come una verità sconvolgente.
“Cosa vuoi dire? Megumi… non stai dicendo sul serio, vero?” Yuji si avvicinò a lui, cercando di leggere nel suo volto una traccia di speranza, ma Megumi non riusciva a nascondere la determinazione che aveva preso il sopravvento.
“Sono troppo debole, Yuji. Non sono capace. Non posso essere un buon padre. Non possiamo fare questo…” Megumi non riuscì a proseguire, le parole gli si fermarono in gola. “Non posso farlo al bambino. E non posso farlo a te. Non sono… abbastanza.”
Yuji rimase immobile, il suo cuore che batteva forte. Quella risposta era una ferita profonda, eppure non riusciva a trovare le parole per rispondere. Non riusciva a capire, non riusciva a immaginare la vita senza quel bambino che stava crescendo dentro Megumi. Aveva sperato che, con il tempo, Megumi si sarebbe reso conto che avrebbero potuto affrontarlo insieme, ma ora, quella speranza sembrava svanire nell’aria gelida della stanza.
“Non posso… lasciarlo andare, Megumi,” disse Yuji finalmente, la voce piena di dolore. “Non posso perderlo. E tu non devi farlo da solo. Io sono qui, con te. Non voglio che tu faccia questa scelta. Non voglio che tu ti senta così.”
Megumi lo guardò con gli occhi pieni di lacrime, ma la sua decisione non vacillò. “Non sono come te, Yuji. Tu sei forte, tu potresti farcela. Ma io…” la voce gli tremò. “Non ce la farò. Non posso dare a un bambino quello che merita. Non posso essere un padre.”
Yuji si fece avanti, ma Megumi si fece indietro, come se avesse paura che l’avvicinamento di Yuji potesse distruggere la fragile barriera che aveva costruito intorno a sé. Non voleva ferirlo, non voleva perdere Yuji, ma sapeva che la sua paura era più forte di qualsiasi cosa potesse fare. La sua paura di non essere abbastanza, di fallire, di essere incapace di donare una vita migliore a quel bambino.
“Se lo fai, se lo lasci andare…” Yuji sussurrò, “perderò anche te?”
Le parole di Yuji furono come un colpo al cuore. Megumi chiuse gli occhi, cercando di bloccare le lacrime che minacciavano di uscire. Non voleva rispondere. Non voleva affrontare quella domanda. Perché in fondo, sapeva che quella scelta avrebbe cambiato tutto. Forse non solo la sua vita, ma anche quella di Yuji. Eppure, non riusciva a fare diversamente.
Il tempo passò inesorabile. Dopo la decisione di Megumi, le cose non furono mai più come prima. La scelta di interrompere la gravidanza lasciò un vuoto nel loro rapporto. Yuji non riusciva a guardarlo nello stesso modo. Aveva paura di farsi avanti, paura di ferirlo ulteriormente. Megumi aveva deciso, ma dentro di lui c’era solo il rimorso, un vuoto che nessuna spiegazione o gesto poteva colmare.
A volte, la solitudine sembrava più forte di quanto avesse mai sperato. Yuji si allontanava sempre di più, purtroppo non per colpa di odio, ma per l’impossibilità di riprendersi da ciò che era accaduto.
Il destino li aveva cambiati, e Megumi sapeva che le sue paure avrebbero sempre avuto un peso su di lui. La vita, in qualche modo, sarebbe continuata, ma le cicatrici lasciate dalla scelta erano troppo profonde per essere ignorate.