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Lost Resonance





Cowt - 14 Terza Settimana - M2 set prompt “Orizzonte degli eventi” - Risonanza


Fandom: My Hero Academia


Numero parole: 3096


Note: ho interpretato “Risonanza” sia come risonanza mediatica ma anche come eco di qualcosa di passato che continua ad influire, risuonare nel presente. Brevemente Hawks scopre un segreto che la Commissione credeva di aver insabbiato per sempre, una verità pronta a sconvolgere gli equilibri della società degli Heroes.




Hawks non avrebbe mai dovuto trovare quei documenti.

La stanza degli archivi della Hero Public Safety Commission era un labirinto di schedari polverosi e faldoni marchiati con timbri ufficiali. L’odore della carta vecchia e dell’inchiostro sbiadito impregnava l’aria, mescolandosi a un silenzio irreale. Se non fosse stato per la sua memoria fotografica, avrebbe rischiato di perdersi tra quelle mura fredde e impersonali.

Era lì per cercare informazioni su un vecchio caso chiuso, qualcosa che riguardava gli ultimi giorni della Commissione prima del suo scioglimento. Ma nel farlo, si era imbattuto in un nome che non aveva mai sentito prima: Missione Rengoku.

Nessuna menzione nei rapporti pubblici. Nessuna eco nei registri accessibili. Solo poche cartelle impolverate e un’annotazione stringata nel sistema informatico: “Operazione fallita. Perdita dell’unità Alpha-07. Caso chiuso.”

Alpha-07. Un codice, non un nome. Qualcuno che la Commissione aveva sacrificato e dimenticato.

Ma se la missione era stata un fallimento, perché c’erano rapporti contraddittori?

Hawks si sedette su una vecchia sedia scricchiolante e iniziò a sfogliare i documenti con dita esperte. I dettagli non combaciavano, vi era un rapporto medico che attestava il decesso di Alpha-07 il 15 ottobre, oltre che una una trascrizione radio, datata 17 ottobre, che riportava il codice dell’eroe attivo sul campo. Ultimo ma non per importanza, una richiesta di estrazione per un agente ferito, il 19 ottobre. Mai processata.

E poi la registrazione.

Un vecchio dispositivo di memoria, mezzo bruciato ai bordi. Hawks lo collegò al terminale e ascoltò il file corrotto. Statico, rumore di fondo, un respiro spezzato. Poi, una voce roca e affannata:

“Non sono morto. Se qualcuno ascolta questo messaggio, sappia che…”

Fine del file.

Il cuore del Pro Hero batté più forte. Quel messaggio non sarebbe dovuto esistere. Alpha-07 non era morto il 15 ottobre. Qualcuno aveva mentito.

Si appoggiò allo schienale, lasciando vagare lo sguardo sul soffitto illuminato da una luce fioca.

E se l’Hero fosse ancora vivo?

Oppure… se era morto, chi aveva voluto far sparire la sua verità?

La Commissione aveva sempre giocato con le ombre, ma stavolta il loro segreto rischiava di esplodere con una risonanza devastante. I giornalisti avrebbero annusato lo scandalo, il pubblico avrebbe perso fiducia negli eroi, e il fragile equilibrio che ancora reggeva la società sarebbe crollato.

Hawks si passò una mano tra i capelli, il suo solito sorriso ormai un lontano ricordo.

Aveva due opzioni: lasciar perdere e seppellire il passato, oppure andare fino in fondo.

Chiuse gli occhi per un istante, poi si alzò.

Uscì dalla stanza degli archivi con il cuore che martellava nel petto.

Aveva lasciato i documenti al loro posto, chiudendo il fascicolo con la stessa meticolosità con cui lo aveva aperto. Ma la registrazione… quella l’aveva copiata sul suo dispositivo personale. Non poteva rischiare che sparisse.

Mentre percorreva il corridoio illuminato da luci fredde, sentiva l’eco delle parole registrate rimbombargli nella mente. Non sono morto.

Chi era Alpha-07? E perché nessuno gli aveva mai parlato di quella missione?

Hawks aveva bisogno di risposte e sapeva esattamente chi poteva aiutarlo.



***


Tokyo, distretto di Asakusa – Ore 22:17

Gaels era seduto sul tetto di un vecchio edificio, con la sigaretta accesa tra le dita e lo sguardo perso sulle strade sottostanti. Non era un Hero nel senso tradizionale del termine. Ufficialmente, non era nemmeno registrato. Si muoveva ai margini, tra informazioni rubate e missioni che nessuno voleva accettare. Non era nemmeno un Vigilante, più un supervisore di quella zona grigia che divideva la legalità dall’illegalità.

Per questo Hawks lo aveva cercato. Era il solo che potesse fornirgli delle risposte.

«Sapevo che avresti finito per ficcare il becco in qualcosa di pericoloso» disse Gaels, senza nemmeno voltarsi. Aveva avvertito la sua presenza. Già questo non lo rendeva una persona comune.

Hawks atterrò con leggerezza accanto a lui, incrociando le braccia.

«Sai com’è ero in astinenza da guai» rispose esibendo il solito sorriso spavaldo da N.2 Hero.

Gaels sbuffò una risata, espirando il fumo. 

«Allora, cosa vuoi?»

Hawks estrasse il proprio dispositivo e lo lanciò verso di lui. Gaels lo prese al volo, incuriosito.

«Ascoltalo» non disse altro preferendo che fosse l’uomo a trarne le proprie conclusioni.

Gaels schiacciò il tasto play e la registrazione partì.

“Non sono morto. Se qualcuno ascolta questo messaggio, sappia che…”

Fine del file.

Gaels rimase immobile per qualche secondo. Poi alzò lo sguardo verso Hawks, e per la prima volta il suo sorrisetto divertito si spense.

«Dove l’hai trovato?»

L’Hero si sedette accanto a lui, ripiegando le grandi ali.

«Archivi della Commissione. Operazione Rengoku. Sai di cosa si tratta?»

Gaels non rispose subito. Si limitò ad osservare il cielo scuro sopra di loro, gli occhi leggermente socchiusi, come se stesse cercando di afferrare un ricordo lontano.

«Forse» ammise infine. «Ma se hai trovato questa registrazione, allora vuol dire che non hanno cancellato tutto»

Hawks si voltò di scatto. 

«Quindi sai qualcosa.»

Gaels sorrise appena. 

«No, non qui.»

Si alzò, spegnendo la sigaretta con la suola dello stivale.

«Seguimi» ordinò. Hawks sospirò, ma lo seguì senza esitare.

Aveva iniziato a scoperchiare il vaso di Pandora. Era troppo tardi per tirarsi indietro e le sfide rappresentavano il suo pane quotidiano .

Il Number Two Hero seguì Gaels attraverso un dedalo di vicoli, dove l’aria densa sapeva di pioggia e smog. I loro passi erano attutiti dall’asfalto umido, il silenzio interrotto solo dal ronzio distante dei neon e dal brusio della città che non dormiva mai.

Gaels non parlò fino a quando non raggiunsero un edificio abbandonato, nascosto tra palazzi più alti che sembravano inghiottirlo nell’ombra. Aprì una porta arrugginita e lo fece entrare.

Dentro, il posto sembrava una vecchia officina riconvertita in rifugio. C’erano scaffali pieni di documenti, monitor accesi con feed di notizie in loop e una mappa di Tokyo segnata da puntini rossi.

«Bene, benvenuto nel mio ufficio» disse Gaels con un mezzo sorriso.

Hawks incrociò le braccia. «Ora vuoi dirmi cosa sai?» stava iniziando a spazientirsi.

Gaels si avvicinò a uno scaffale e tirò fuori una cartellina logora. La aprì, facendo scivolare sul tavolo alcune fotografie ingiallite.

Hawks si avvicinò e si bloccò.

Le immagini mostravano un gruppo di Heroes in uniforme, in piedi davanti a un edificio in rovina. Non li riconosceva tutti, ma uno attirò immediatamente la sua attenzione.

Un uomo alto, con capelli scuri e uno sguardo penetrante. La foto era vecchia, ma Hawks lo conosceva. Aveva già visto quell'individuo.

«Lui è Alpha-07?» domandò piano.

Gaels annuì. «Vero nome: Itsuki Kurogane. Eroe di livello alto, specializzato in operazioni sotto copertura. Un tempo era una delle risorse migliori della tua Commissione.»

Hawks scostò lo sguardo dalla foto, il cervello in subbuglio.

«Eppure secondo i registri, è morto.»

Gaels lo fissò con un’espressione indecifrabile. «E tu ci credi?»

Hawks strinse la mascella. No, non più. Non dopo quella registrazione. In fondo era il compito della Commissione, insabbiare prove, nascondere la verità. 

Gaels prese un’altra fotografia e la fece scorrere verso di lui. Questa era più recente, e decisamente più sfocata, come se fosse stata scattata di nascosto. Mostrava un uomo con un lungo cappotto, il volto mezzo coperto da un cappuccio.

Ma Hawks riconobbe comunque quei tratti. Più invecchiati, più stanchi. Ma era lui.

«Non è morto» sussurrò.

Gaels annuì. «E qualcuno ha fatto di tutto perché il mondo lo credesse»

Hawks sentì il cuore battergli nel petto. Se questa storia fosse stata resa pubblica, la risonanza mediatica sarebbe stata immensa. Un Hero dichiarato morto, in realtà nascosto. Perché? Cosa sapeva Itsuki Kurogane?

E soprattutto… chi lo stava tenendo nell’ombra? Era tutta opera della Commissione?

Hawks sentì un brivido lungo la schiena. L’aria nell’officina sembrava più pesante, carica di un’elettricità silenziosa. Si lasciò cadere su una sedia malandata, stringendo tra le dita la foto sbiadita di Itsuki Kurogane.

«Dove hai trovato questa?» domandò, la voce appena più bassa di un sussurro.

Gaels incrociò le braccia, il solito sorriso ironico sostituito da un’espressione imperscrutabile. 

«Ricevo informazioni da molte fonti. Questa è arrivata tre mesi fa da un vecchio contatto. Mi ha detto che Kurogane è ancora vivo, nascosto. Ma non è il solo.»

Hawks alzò lo sguardo. «Cosa intendi?»

Gaels tirò fuori un altro fascicolo, molto più sottile del primo. Lo aprì e gli mostrò un ritaglio di giornale, una notizia vecchia di qualche anno: “Incidente in un’operazione segreta: scomparso un eroe d’élite”. L’articolo era vago, pieno di dichiarazioni ufficiali della Commissione che parlavano di un’operazione “sfortunata”, di un “sacrificio necessario per il bene della società”. Nessun dettaglio, nessun testimone.

Hawks sapeva cosa significava. Un insabbiamento.

«Hanno nascosto la sua morte perché non è mai morto» disse lentamente.

Gaels annuì. «E se qualcuno lo ha tenuto nascosto per così tanto tempo, significa che o lui è una minaccia, oppure ha informazioni che potrebbero rivelarsi pericolose, far crollare tutta la società degli Heroes.»

Hawks si passò una mano tra i capelli. Il puzzle iniziava a prendere forma, e il quadro che si delineava era inquietante. Se la Commissione aveva davvero orchestrato la scomparsa di Kurogane, c’erano solo due possibilità, la prima è che lo avessero costretto a nascondersi per proteggere qualcosa di troppo pericoloso per essere rivelato, la seconda, molto più banalmente lo avessero fatto sparire perché sapeva troppo.

E ora, con la Commissione sciolta e il caos che ancora serpeggiava nel mondo degli eroi, la verità rischiava di riemergere.

Hawks fissò Gaels. 

«Hai un’idea di dove si trovi?»

L’uomo esalò lentamente il fumo della sua sigaretta, poi scosse la testa. «Nessuna certezza. Ma ho un nome. Qualcuno che potrebbe saperlo.» Hawks alzò un sopracciglio. 

«Chi?»

Gaels gettò la sigaretta a terra, la schiacciò sotto il tacco e lo guardò con un sorriso sottile.

«Un vecchio agente della Commissione. Uno che è sparito nello stesso periodo di Kurogane.»

Fece una pausa.

«E che, guarda caso, ha lasciato tracce a Osaka.»

Hawks si alzò in piedi. Aveva quello che gli serviva.


***


Osaka


L’aria era più umida rispetto a Tokyo, satura di odori di cibo di strada e salsedine portata dal mare. Nonostante l’ora tarda, il distretto di Namba era ancora illuminato da insegne al neon e attraversato da ondate di turisti e locali. Ma Hawks non era lì per godersi l’atmosfera.

Si trovava su un tetto, nascosto nell’ombra, osservando il piccolo bar al piano terra di un edificio anonimo. Gaels era stato chiaro: il suo contatto si nascondeva, vivendo sotto falso nome.

«Ex agente della Commissione… vediamo se hai davvero voglia di parlare» mormorò tra sé.

Scivolò giù con un movimento silenzioso, atterrando accovacciato in un vicolo laterale. Il bar non sembrava nulla di speciale: una porta scorrevole in vetro, una lanterna rossa con ideogrammi consumati dal tempo.

Hawks entrò.

L’interno era modesto, con pochi clienti. L’odore del sakè caldo aleggiava nell’aria. Dietro il bancone c’era un uomo sulla cinquantina, mani segnate dall’età e una cicatrice che gli attraversava il sopracciglio.

Hawks lo riconobbe subito.

Kenji Fushimi. Ex operativo della Commissione. Aveva trovato il proprio contatto.

Fushimi lo notò, e la sua espressione si irrigidì appena. Non abbastanza per chiunque, ma Hawks sapeva leggere i dettagli. L’aveva riconosciuto. Ovviamente. 

il Wing Hero si sedette al bancone, accennando un sorriso.

«Vorrei ordinare un sakè. E qualche risposta»

Fushimi non rispose subito. Versò la bevanda con movimenti precisi, poi gli lanciò un’occhiata di sbieco.

«Non so di cosa tu stia parlando Hawks»

Il Number Two Hero prese il bicchiere e lo girò lentamente tra le dita. 

«Missione Rengoku.» non aggiunse altro ma Fushimi si bloccò per un istante. Poi si voltò, tirando fuori un bicchiere per sé.

«Sei venuto a scavare in un cimitero, ragazzo» esordì a bassa voce.

Hawks si inclinò leggermente in avanti. 

«Un cimitero in cui qualcuno è stato sepolto vivo»

Silenzio.

L’ex esponente della Commissione prese un sorso del suo sakè, poi poggiò il bicchiere con un leggero tonfo.

«Se inizi questa strada, non potrai tornare indietro»

Hawks non distolse lo sguardo. Ne era perfettamente consapevole.

«Non ho intenzione di farlo» ammise in tutta sincerità.

Fushimi sospirò, come se stesse prendendo una decisione difficile. Poi abbassò la voce ancora di più.

«Kurogane è vivo»

Anche se lo sospettava, quelle parole colpirono Hawks come un pugno. Averne la certezza era sempre un altro paio di maniche.

Fushimi lo guardò dritto negli occhi. «È vivo ma non è più lo stesso»

«Cosa intendi?»

Fushimi si sporse leggermente, parlando quasi in un sussurro.

«Hanno cercato di ucciderlo. Lui è sopravvissuto. Ma la persona che conoscevamo…» Fece una pausa, come se pesasse ogni parola. «Non so se sia ancora un eroe. O un fantasma in cerca di vendetta»

Hawks sentì il brivido del pericolo. Quella storia si stava rivelando più complessa del previsto.

Se Kurogane era davvero vivo, e se voleva vendicarsi della Commissione, allora la risonanza di questa verità non sarebbe stata solo mediatica.

Sarebbe stata devastante. L’eco di un passato lontano pronto a sconvolgere il loro presente.

Hawks rimase in silenzio per qualche secondo, assaporando il peso di quelle parole. Se Kurogane non era più lo stesso, allora cosa era diventato?

«Se fosse davvero in cerca di vendetta, lo avremmo già visto in azione» osservò, incrociando le braccia. «Eppure, non c’è stata nessuna esplosione, nessun attacco pubblico. Perché?»

Fushimi abbassò lo sguardo, facendo scorrere il dito sul bordo del bicchiere.

«Perché sta aspettando il momento giusto»

Hawks inarcò un sopracciglio. Con tutto il trambusto provocato da Shigaraki e la Lega dei Villain avrebbe potuto approfittarne.

 «E come lo sai?»

Fushimi esitò. Poi tirò fuori da sotto il bancone un vecchio telefono, lo accese e mostrò a Hawks un messaggio criptico.

“La verità verrà a galla. Presto”

Nessun mittente. Nessuna data precisa. Solo quelle parole.

«L’ho ricevuto due settimane fa» spiegò Fushimi. «E non sono stato l’unico»

Hawks si irrigidì. «Chi altri?»

Fushimi si accese una sigaretta e inspirò lentamente prima di rispondere.

«Vecchi agenti. Ex membri della Commissione. Alcuni Heroes. Tutti quelli che avevano un legame con la missione Rengoku»

Hawks si lasciò andare contro lo schienale della sedia. Se Kurogane stava contattando persone collegate al passato, significava che stava preparando qualcosa di grosso.

Un’operazione del genere non sarebbe passata inosservata. La stampa avrebbe fiutato la storia. I nemici della Commissione avrebbero usato la rivelazione come un’arma.

La risonanza di una tale notizia sarebbe stata catastrofica.

Hawks guardò Fushimi dritto negli occhi. «Dove si trova?»

Fushimi esitò. «Non lo so con certezza»

«Un’idea»

Silenzio. Poi Fushimi spense la sigaretta nel posacenere e parlò.

«Nagasaki. Vecchia base della Commissione, dismessa dopo lo scioglimento ufficiale. Se Kurogane è ancora in Giappone, è lì che si sta muovendo»

Hawks si alzò, infilando le mani in tasca.

«Allora è lì che andrò.»

Fushimi lo osservò con un velo di malinconia. «Non commettere il suo stesso errore, ragazzo»

Hawks gli rivolse un mezzo sorriso. «E qual è?»

Fushimi prese un sorso di sakè, poi posò il bicchiere con un suono sordo.

«Pensare di poter cambiare il sistema senza che il sistema ti schiacci»

Hawks lasciò qualche banconota sul bancone e si avviò verso l’uscita.

«Lo scopriremo»

E sparì nella notte, con il peso della verità sulle spalle.


***


Nagasaki


La pioggia scendeva sottile, quasi invisibile, ma Hawks la sentiva scivolare lungo il colletto della giacca mentre si muoveva tra i vicoli della città vecchia. Non c’era traccia della vita frenetica di Tokyo o Osaka: qui, le strade erano silenziose, i lampioni proiettavano ombre lunghe sui muri di pietra, e il mare in lontananza sembrava sussurrare segreti dimenticati.

Si fermò davanti a un vecchio magazzino, uno dei tanti edifici dismessi che un tempo appartenevano alla Commissione. Fushimi aveva ragione: se Kurogane voleva scavare nel passato, questo era il posto giusto.

Il Number Two Hero scivolò all’interno attraverso una finestra rotta. L’odore di polvere e metallo arrugginito lo colpì immediatamente. Fece qualche passo, i suoi stivali scricchiolarono sul pavimento di cemento.

E poi lo sentì.

Un respiro.

Si voltò di scatto, e la figura emerse dall’ombra.

Itsuki Kurogane.

Era più alto di quanto ricordasse, il volto scavato dal tempo e da qualcosa di più profondo: disillusione, forse. Indossava un lungo cappotto scuro, e i suoi occhi lo fissavano con una freddezza che non lasciava spazio a esitazioni.

«Sei più veloce di quanto pensassi» disse Kurogane, la voce bassa, quasi roca.

Hawks si accigliò. «Ho sentito dire che sei morto, eppure ti trovo in forma»

Un sorriso appena accennato curvò le labbra di Kurogane. «Lo speravo anch’io»

Silenzio. Solo il suono della pioggia che ticchettava sulle lamiere.

Hawks incrociò le braccia. 

«Sei tu che hai mandato quei messaggi» Kurogane annuì. 

«Era ora che la verità venisse fuori»

«E qual è la verità, esattamente?»

Kurogane fece un passo avanti. La luce fioca rivelò una cicatrice che gli attraversava la guancia.

«La missione Rengoku non era un’operazione fallita. Era un’esecuzione»

Hawks trattenne il respiro. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di udire.

Kurogane continuò. «Non siamo stati sacrificati in una missione impossibile. Siamo stati mandati a morire perché sapevamo troppo»

Hawks sentì il cuore martellargli nel petto. Se era vero, allora la Commissione non aveva solo nascosto un fallimento: aveva deliberatamente eliminato i suoi stessi agenti.

«E tu come sei sopravvissuto?» chiese, il tono più basso.

Kurogane si voltò leggermente, come se stesse rivedendo il passato.

«Non lo so nemmeno io. Qualcuno mi ha tirato fuori da quel disastro. Mi hanno nascosto, mi hanno fatto sparire. Ma non perché volessero salvarmi.» Si voltò di nuovo verso Hawks, e nei suoi occhi c’era un bagliore pericoloso. «Volevano che restassi in silenzio.»

Hawks capì subito il sottotesto.

«E ora non vuoi più tacere»

Kurogane annuì lentamente. «Non posso»

Un’ombra di dubbio si insinuò nella mente di Hawks. La risonanza di una rivelazione del genere avrebbe scosso il mondo degli Heroes dalle fondamenta. Se Shigaraki Tomura fosse venuto a conoscenza di una simile verità non avrebbe esitato ad usarla contro di loro. Un nuovo dubbio gli invase la mente, Kurogane stava cercando giustizia… o vendetta?

«Cosa hai intenzione di fare?» domandò infine.

Kurogane fece un passo avanti, e Hawks avvertì per la prima volta una vera tensione nell’aria.

«La Commissione ha costruito un sistema basato su bugie e sacrifici. Se la verità uscirà, il mondo dovrà scegliere da che parte stare» Fece una pausa. 

«E tu, Hawks? Da che parte starai?»

Il respiro del Wing Hero si fece più pesante. Sapeva che questa non era solo una conversazione. Era un ultimatum.

E presto, l’intero paese avrebbe dovuto affrontare la stessa domanda.


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