(Attack on Titan) - Where the Sea Ends
Mar. 21st, 2025 10:37 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Where the Sea Ends
Cowt - 14 Terza Settimana - M2 set prompt “Orizzonte degli eventi” - Orizzonte
Fandom: Attack on Titan
Numero parole: 2105
Note: Dopo la guerra, il mondo è in subbuglio. Paradis è vulnerabile, Marley è frammentata, e gli altri paesi osservano la situazione con cautela. Armin, ora uno degli strateghi più influenti di Paradis, ottiene il permesso di guidare una spedizione via mare per esplorare terre sconosciute e raccogliere informazioni.
Mikasa lo accompagna, cercando una nuova direzione dopo la perdita di Eren. Annie, dopo essersi reinserita a fatica nella società, si unisce per motivi inizialmente poco chiari.
Il vento sapeva di sale e di tempesta in arrivo. Armin lo sentiva scivolargli sulla pelle mentre osservava l’orizzonte, dove il cielo si confondeva con l’acqua. La nave oscillava lieve sotto i suoi piedi, spingendosi sempre più lontano dall’isola di Paradis.
Aveva sognato quel momento per così tanti anni. Oltre il mare, aveva detto Eren, vi era la libertà. Ma ora che era qui, il mare non gli sembrava più una promessa, bensì una fonte di nuovi interrogatori e preoccupazioni;
Cosa troveremo? Era questo ciò che speravi Eren? Era questo l’orizzonte da superare? Siamo davvero liberi ora?
Dietro di lui, passi leggeri. Non dovette voltarsi per sapere di chi si trattava, dopo Eren, era la persona che meglio lo conosceva al mondo, Mikasa. Se ne stava in piedi, il volto semi affondato nella propria sciarpa, una leggera brezza a scompigliargli i lunghi capelli corvini.
“Stiamo per entrare in acque sconosciute,” sussurrò, con il tono pratico che da sempre l’aveva caratterizzata. Armin notò che vi era qualcosa nei suoi occhi, qualcosa di perso tra il passato e il presente. Un sentimento nostalgico che per entrambi aveva un nome, una forma, un volto. Eren Jaeger. Il suo fantasma li avrebbe accompagnati, in ogni passo, respiro. Era la condanna per essergli sopravvissuti, il dover vivere senza di lui. Dover realizzare anche i suoi sogni. Ogni giorno questa consapevolezza si faceva più forte, pesante, quasi opprimente.
“Ti spaventa?” domandò Armin. Delle volte Mikasa era così impenetrabile che persino lui trovava difficoltà a comprendere i suoi pensieri.
L’Ackerman scosse la testa.
“No. È solo strano. Sai, andare avanti senza di lui.”
Il nome di Eren non uscì dalle sue labbra ma aleggiò sospeso tra loro come un’ombra. Nessuno dei due parlò. Non ce n’era bisogno.
L’unico suono udibile rimase quello delle onde.
***
Le notti sul mare erano fatte di vento e silenzio. Annie rimaneva spesso sul ponte, gli occhi rivolti all’oscurità. Osservava le onde schiantarsi contro lo scafo, come se volessero inghiottire la nave.
Non sapeva bene perché fosse lì. Quando Armin le aveva parlato del viaggio, non aveva avuto una vera risposta. L’idea del mare le era sempre sembrata astratta, un sogno appartenente agli altri. Ma ora che ci navigava sopra, si sentiva ancora più lontana da tutto. Come un’estranea, eppure era là, insieme a loro.
“Non riesci a dormire?” La voce di Armin la distolse dai suoi pensieri.
Annie incrociò le braccia. “Non ho mai dormito bene, nemmeno prima di cristallizzarmi.” troppa pressione per quella missione alla quale era stata chiamata, per quel destino che non aveva mai realmente desiderato. I pensieri sempre rivolti verso suo padre, la sua patria.
Armin accennò ad un sorriso, ma non insistette. Restarono in silenzio per un po’, ascoltando il rumore del mare. Fu Arlet a prendere di nuovo la parola, arrossendo lievemente. Eppure avevano passato così tanto tempo da soli, quando Annie era cristallizzata.
“Domani esploreremo un’isola. Le mappe dicono che è deserta, ma potremmo trovare qualcosa.” forse altri esseri umani.
Annie alzò un sopracciglio. “E se non trovassimo nulla?”
Armin si strinse le spalle. Il fantasma di Eren sempre al proprio fianco.
“Anche il nulla può essere una risposta.”
***
L’isola sembrava abbandonata da secoli. La vegetazione aveva inghiottito ogni traccia di presenza umana, ma Armin sapeva riconoscere i segni. Pietre disposte in modo troppo regolare per essere casuali. Resti di strutture crollate sotto il peso del tempo.
E poi, il ritrovamento.
Un relitto, nascosto nelle profondità della giungla. Il legno marcio scricchiolava sotto i loro passi mentre entravano pian piano nella struttura. La nave era antica, molto più di quanto avessero immaginato. E dentro, tra i detriti e la polvere, trovarono dei diari.
Pagine ingiallite, lettere sbiadite dalle pieghe del tempo. Armin li sfogliò con cautela, come se si trattasse di un tesoro inestimabile, e in fondo lo era.
“Abbiamo visto un’isola oltre l’orizzonte. Una terra proibita. Abbiamo deciso di non avvicinarci.” recitava il primo tomo aperto fra le sue mani.
Paradis. Qualcuno, molto tempo prima, l’aveva trovata. Qualcuno aveva saputo della loro esistenza e aveva scelto di dimenticarla. Dimenticare quell’isola maledetta, abitata da demoni e giganti.
Mikasa lesse sopra la sua spalla. “Significa che siamo sempre stati osservati” come se non lo sapessimo già.
Annie si passò una mano tra i capelli. Un leggero senso di colpa.
“E che non siamo i primi ad aver creduto di essere i primi” ammise senza una particolare intonazione.
Armin chiuse il diario con un sospiro. Guardò nuovamente il mare, il confine invisibile tra loro e il resto del mondo.
Eren aveva creduto che oltre l’orizzonte ci fosse la libertà.
Forse aveva ragione. O forse la libertà non era mai stata in un luogo. Forse era nella scelta di continuare a cercare.
Ma in fondo cosa rappresentava per lui l’orizzonte?
Per tutta la vita, l’orizzonte era stato che una promessa. Un confine da superare, un segreto da svelare. Eren aveva sempre parlato di ciò che c’era oltre, come se la libertà stessa fosse nascosta dietro quel limite invisibile.
Ma ora che navigava in mare aperto, ora che aveva visto isole dimenticate e toccato con mano tracce di un passato sepolto, Armin si chiedeva se l’orizzonte fosse davvero una meta… o solo un’illusione.
Perché non importava quanto avanzassero, l’orizzonte restava sempre lì, immutabile, inafferrabile. Un confine che esisteva solo finché qualcuno lo inseguiva.
Forse non era una promessa ma nemmeno una domanda.
Era un invito a continuare a cercare, anche senza sapere cosa si sarebbe trovato.
Annie gli sfiorò una spalla,
“Va tutto bene?” il biondo annuì. Ancora una volta si era perso nella propria mente, nei suoi pensieri condizionati da un passato che mai come in quel momento gli sembrava distante, come un sogno fatto ad occhi aperti.
***
Mikasa era rimasta in silenzio accanto a lui, lo sguardo fisso sulla stessa linea indistinta tra cielo e mare. Armin si domandò se anche lei vedesse l’orizzonte come lui, come qualcosa di sfuggente, di irraggiungibile.
Ma per Mikasa l’orizzonte non era mai stato un luogo. Era sempre stato una persona.
Eren.
Aveva vissuto seguendolo, correndogli dietro, cercando di afferrarlo prima che scomparisse oltre un confine invisibile. Ma Eren era sempre stato più veloce, più lontano. Come l’orizzonte, era stato qualcosa che le sembrava di sfiorare senza mai poter trattenere davvero.
Ora, con il vento tra i capelli e l’oceano tutt’intorno, Mikasa si chiese se fosse quello il senso dell’orizzonte. Se fosse destinato a essere inseguito, senza mai essere raggiunto.
Perché, anche ora che Eren non c’era più, lei lo inseguiva ancora. Inspirò profondamente per poi affondare il viso nella propria sciarpa. Era il suo cimelio più importante, la prova che Eren era vissuto, di quanto lo avesse amato.
Non lo avrebbe mai dimenticato
***
Quando la nave ripartì, Armin rimase a prua, gli occhi fissi sull’acqua. Mikasa gli si avvicinò in silenzio, e Annie si fermò poco più in là, come se non volesse ammettere di voler condividere quel momento.
Armin inspirò profondamente, lasciando che il vento gli riempisse i polmoni. Il loro viaggio non era ancora terminato.
Il mare si stendeva davanti a loro, infinito.
E loro avrebbero continuato a inseguirne l’orizzonte.
La nave scivolava silenziosa sul mare nero della notte, cullata da onde lente e costanti. Il relitto era ormai un punto lontano alle loro spalle, ma il peso della scoperta non li aveva abbandonati.
Armin sedeva sul ponte, il diario tra le mani. Lo aveva letto più volte, parola dopo parola, cercando di estrarne qualcosa che gli sfuggiva. Qualcosa oltre il semplice significato delle frasi.
“Abbiamo visto un’isola oltre l’orizzonte. Una terra proibita. Abbiamo deciso di non avvicinarci.”
Perché? Chi erano? E perché avevano scelto di non tornare? Era per la maledizione che aleggiava nel sangue di tutti loro Eldiani?
Mikasa si avvicinò e si sedette accanto a lui senza dire nulla. Non c’era bisogno di parole. Tra loro, il silenzio era un linguaggio antico e familiare.
“Ti tormenta,” disse infine, più un’osservazione che una domanda.
Armin esitò. “È strano. Per tutta la vita abbiamo creduto di essere soli. Di essere gli ultimi a conoscere la verità. Ma questi diari dicono il contrario. Qualcuno ci ha trovato prima di Marley, cioè prima che noi scoprissimo tutta la storia”
Mikasa annuì lentamente. “Forse hanno visto quello che succedeva dentro le Mura. Forse hanno capito che avvicinarsi significava portare altro dolore.”
Armin abbassò lo sguardo. “Forse. O forse la verità era troppo grande per essere raccontata.”
Un rumore di passi li distolse. Annie, con la sua andatura silenziosa, si fermò accanto al parapetto, lo sguardo perso sulle onde.
“Ci pensi troppo,” disse, senza voltarsi.
Armin la guardò, sorpreso. Annie non parlava mai a meno che non avesse qualcosa di preciso da dire.
“Abbiamo trovato i resti di una nave vecchia di secoli,” continuò lei. “Vecchia di abbastanza tempo da non avere più alcuna importanza per il presente. Non siamo i primi a cercare risposte e non saremo gli ultimi.”
“Ma allora che senso ha tutto questo?” chiese Armin, il tono più duro del previsto.
Annie si voltò verso di lui e lo fissò. “Perché ti serve un senso?”
Un silenzio pesante cadde tra loro. Armin sentì il peso di quella domanda insinuarsi dentro di lui.
Mikasa fu la prima a parlare. “Eren avrebbe detto che il senso è nella libertà.”
Annie rise piano, un suono breve e senza gioia. “E com’è finita per lui?”
Armin strinse il diario tra le dita. “Eren ha seguito il suo orizzonte. Noi stiamo seguendo il nostro.”
Annie lo osservò ancora per qualche secondo, poi si voltò di nuovo verso il mare.
“Allora continua a leggere, Armin. Magari un giorno troverai la risposta che cerchi.”
***
Annie invece non credeva nell’orizzonte.
O meglio, non come lo intendeva Armin. Per lei non era una promessa, tanto meno una domanda. Non era qualcosa da inseguire ma solo un confine naturale, come la fine di una strada, il limite del cielo prima che svanisse nel nulla. Un’illusione.
Eppure, guardando Armin mentre sfogliava quel vecchio diario con l’aria assorta di chi cerca risposte più grandi di sé, Annie si chiese se l’orizzonte potesse essere anche altro.
Forse, per qualcuno come lui, non era solo una linea da oltrepassare. Forse era la prova che c’era sempre qualcosa di nuovo da scoprire.
E se così fosse… allora Annie doveva ammettere che, senza accorgersene, anche lei aveva iniziato a seguirlo. Non il mare, non il viaggio, non la scoperta.
Ma lui.
Forse, senza volerlo, il suo orizzonte era diventato Armin.
***
Nei giorni successivi, la spedizione continuò. Trovarono altre isole, alcune brulle e deserte, altre ricoperte di foreste troppo fitte per essere esplorate in una sola giornata.
Ma ovunque andassero, non c’era traccia di altre civiltà. Nessun segno che il mondo avesse mai guardato oltre l’orizzonte. Solo mare, solo vento.
Solo il passato, nascosto sotto la superficie.
Armin riempiva pagine e pagine di appunti. Mikasa lo aiutava a tracciare mappe rudimentali. Annie si manteneva in disparte, ma non perdeva un singolo dettaglio.
Poi, una mattina, qualcosa cambiò.
Un grido risuonò dall’albero maestro. “Terra!”
Armin scattò in piedi. Il cuore gli batteva forte. Mikasa e Annie si avvicinarono, scrutando l’orizzonte.
Là, appena distinguibile nella foschia del mattino, c’era una linea scura. Un’altra isola.
O forse qualcosa di più.
***
La nave si avvicinò lentamente. L’isola era diversa dalle altre: più grande, più solida. E c’erano resti di costruzioni sulla costa, ombre di un tempo dimenticato.
Quando misero piede a terra, trovarono qualcosa che li lasciò senza fiato.
Una bandiera.
Vecchia, lacera, il tessuto ridotto a brandelli dal vento e dalla salsedine. Ma il simbolo era ancora distinguibile.
Non apparteneva a Marley.
Non apparteneva a Paradis.
Era qualcosa di sconosciuto.
Armin sentì un brivido lungo la schiena. Per tutta la vita aveva creduto che il loro mondo fosse piccolo, successivamente che Marley e Paradis fossero le uniche forze in gioco.
Ma ora, di fronte a quella prova, una nuova consapevolezza lo colpì.
Il mondo era molto più grande di quanto avesse mai immaginato.
E loro avevano appena iniziato a scoprirlo.
***
Armin strinse il diario tra le mani, il vento del mare che gli scompigliava i capelli. Mikasa lo guardò di lato, il solito sguardo attento.
“Abbiamo trovato un nuovo orizzonte,” disse piano. Sentì quasi il fantasma di Eren sorridere alle sue spalle.
Annie, accanto a lui incrociò le braccia.
“E ora che si fa?”
Armin chiuse gli occhi un istante. Poi sorrise.
“Ora lo attraversiamo.”