(Bungo Stray Dogs) - Nightmare
Mar. 24th, 2022 09:00 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Cow-t 12 – Quinta settimana – M2
Prompt: “E alla fine, niente lieto fine”
Fandom: Bungou Stray Dogs – Beast AU
Rating: SAFE (con Angst)
Numero Parole: 1180
Note: un what if dove Oda muore
Osamu Dazai era rimasto completamente solo. Stava fissando con rinnovato interesse il pavimento della sala d’attesa del pronto soccorso. Non sapeva che altro fare in quel momento. Si sentiva inutile.
Glielo avevano portato via. Avevano strappato Odasaku dalle sue braccia; poi gli infermieri avevano chiuso la porta. Erano passati già tredici minuti e ancora non aveva notizie. Dazai non sapeva che diavolo stava succedendo e il pensiero lo tormentava. Stava lottando con tutte le sue forze per non lasciarsi andare e sfogarsi. Stava provando troppi sentimenti. Non era abituato a venire investito da queste emozioni. Era troppo per uno come lui.
Odasaku respirava a fatica quando l’aveva portato in ospedale. Non aveva contato quanti proiettili lo avessero trapassato. Il tuttofare gli aveva fatto scudo con il proprio corpo. Aveva visto il pericolo tramite la propria Abilità e non aveva esitato a gettarsi su di lui, salvarlo.
Odasaku era fatto così. Era un mafioso atipico che non uccideva e anzi, era sempre pronto a sacrificarsi per gli altri, anche per lui.
Il giovane dirigente non aveva potuto fare altro che prendere una delle pistole che l’amico nascondeva e porre fine a quel massacro. Poi, non senza fatica, si era caricato il rosso sulle spalle, avvisando Mori ed arrivando al primo ospedale affiliato all’Organizzazione.
Dazai aveva sempre odiato se stesso. C’era una parte di lui che si era sempre odiata. Odiava la propria Abilità, che era un’aberrazione anche per il loro mondo. Odiava la porpria vita che secondo lui era priva di senso, volta solo alla ricerca del dolore. Anelava la morte, perché sperava in quel modo di comperare il vuoto che aveva sempre avvertito dentro di se. Non c’era possibilità di salvezza. Quando aveva incontrato Mori Ougai gli aveva proposto quel mondo oscuro, unirsi alla Port Mafia.
Dazai aveva accettato. Aveva quattordici anni allora e non desiderava altro che morire.
Era convinto che solo stando accanto alla morte tutti i giorni sarebbe riuscito a comprendere il significato della vita. Questa sua idea si era poi evoluta col tempo, fino ad arrivare con la ricerca stessa della morte. Vedeva corpi senza vita tutti i giorni. Sia di sottoposti che di completi estranei. Amici e nemici, eppure nulla era stato in grado di smuovere il suo animo. Era un guscio vuoto. Assorbiva la realtà intorno a lui ma non ne riusciva ad essere toccato. Nulla sembrava essere in grado di smuovere il vuoto che sentiva dentro. Il freddo che invadeva il suo cuore. Come se si trovasse in una costante situazione di limbo, in perenne attesa di un qualcosa in grado di bloccarlo. Di renderlo umano. Sarebbe bastato solo un motivo, uno solo, e avrebbe continuato a vivere.
Ripensandoci c’era stato un episodio qualche anno prima. Quando, combattendo contro quella Bestia di Verlaine aveva temuto per la vita di Chuuya. Quella volta qualcosa dentro di lui si era smosso. Era stato un leggero sentore, una preoccupazione mascherata da altro. Sapeva quanto il proprio partner potesse essere forte. Chuuya era letteralmente l’incarnazione di un dio della distruzione. Eppure, per un solo, istante aveva temuto per la vita di quella Lumaca, che sin dal primo giorno aveva detto di odiare.
Dazai amava mentire, soprattutto a se stesso. Era più facile credere di odiare quel ragazzino piuttosto che arrivare ad ammettere il contrario. La presenza di Chuuya era stata come una boccata d’ossigeno nella sua vita. Con la sua voglia di vivere, la sua energia, era stato in grado di strapparlo da quell’apatia e dolore in cui era solito rifugiarsi.
Il vero miracolo, se così lo vogliamo chiamare, era accaduto poco dopo l’incidente della Bete.
A sedici anni, Osamu Dazai aveva incontrato Oda Sakunosuke. Da quel momento in poi nulla sarebbe più stato come prima. Odasaku, come aveva deciso di chiamarlo, si era rivelato essere un balsamo per quell’anima tormentata. Quando erano insieme, Dazai smetteva letteralmente di pensare. Oda lo calmava, tranquillizzava. Dazai finiva con il dimenticare la morte, la Mafia, il proprio dolore.
Lui e Odasaku parlavano. Cosa non scontata. In lui, il ragazzino, che era stato definito Demone Prodigio aveva trovato un amico. Una persona con la quale confidarsi.
Non aveva mai avuto segreti con quell’uomo. Aveva sempre giocato a carte scoperte sin dal loro primo incontro. Certo aveva rivelato la propria verità utilizzando parole contorte ma Oda non aveva tradito le sue aspettative, arrivando a superarle. Lo aveva sempre ascoltato, consigliato. In poche parole c’era sempre stato.
Per questo e per altri mille motivi l’idea di perderlo gli era insopportabile, come anche il pensiero di essere in qualche modo stato la causa di quella morte.
Dazai era rimasto per ore su quella sedia d’ospedale. A nulla erano valse le chiamate di Mori. Non sarebbe tornato alla Port Mafia fino a quando non avrebbe avuto la certezza che Odasaku fosse al sicuro.
Non voleva piangere ma aveva diciassette anni e in quel momento era solo un ragazzino spaventato. Quando l’infermiera si palesò davanti ai suoi occhi capì subito quanto stava per dirgli.
“Mi dispiace. Abbiamo fatto il possibile ma era già presente un’emorragia interna”
Dazai non rimase per udire il resto.
Odasaku era morto. Non c’era più altro che lo tenesse ancorato alla vita. Il suo cellulare continuava a suonare, si decise a rispondere;
“Dazai-kun” la voce del Boss sembrava lievemente irritata;
“vieni immediatamente qui” il moro fece un lungo respiro;
“Mi dispiace, non posso farlo”
“Ucciderti non ti riporterà indietro quell’uomo. Inoltre non capisco, perché sei così arrabbiato di fronte alla sua morte?” Dazai preferì interrompere quella telefonata. Mori Ougai non avrebbe mai potuto capire. Nessuno lo aveva mai compreso.
C’era stata una sola persona al mondo che aveva scorto il vero Osamu Dazai, ed era appena morta. E la colpa era sua. Era stato un suo errore di calcolo, una leggerezza. Se non fosse stato per Oda Sakunosuke ora ci sarebbe Dazai su quel freddo letto d’ospedale. Odasaku non meritava di morire, non per lui.
Nel frattempo aveva raggiunto il tetto dell’edificio.
Sapeva cosa doveva fare.
Una nuova alba stava sorgendo sulla città di Yokohama. A Dazai però non interessava, ormai nulla aveva senso. Scavalcò il parapetto e guardò in basso. Erano circa venti metri, la caduta non sarebbe durata che pochi secondi. Sperò di morire sul colpo. Sopravvivere sarebbe stata un’inutile seccatura.
Con questo pensiero si gettò.
In una fredda mattina autunnale la Port Mafia perse il più giovane dirigente della propria storia e un semplice tuttofare. Mori etichettò tutto come incidente preferendo non rivelare troppi dettagli sull’accaduto. Quella notte Nakahara Chuuya pianse tutte le sue lacrime. La spia Sakaguchi Ango preferì rinunciare al proprio incarico e tornare al Governo.
I due vennero seppelliti a pochi metri di distanza, sarebbero stati vicini nella morte come lo erano stati in vita.
“Sei davvero uno stronzo Dazai” ma Chuuya sapeva, conosceva il motivo dietro un tale gesto.
Odasaku era tutto per Dazai come Dazai era tutto per Oda. Forse, in un’altra vita, avrebbero potuto essere felici.