Mar. 1st, 2021

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Cow-t 11 – Quarta settimana – M3
Prompt: 003 Qualcosa di appiccicoso
Fandom: Bungou Stray Dogs
Rating: SAFE (presenza di morte e sangue)
Numero parole: 1101
Note: ho interpretato il prompt come appiccicoso/sangue. C’è parecchio angst e morte di Odasaku.
 
 
In quel preciso istante Dazai versava in uno stato di profonda confusione. Di solito i pensieri del più giovane Dirigente della storia della Port Mafia erano logici, razionali si manifestavano con chiarezza e lucidità nella sua mente; ma ora, all’interno del suo subconscio sembrava essere calata di colpo la nebbia, che sempre più fitta, non mostrava alcuna intenzione di diradarsi. Non ricordava dettagli basilari, ad esempio, come avesse fatto a raggiungere quel edificio. Solo di aver attraversato un ampio salone con il fiato corto dopo aver scorto la figura di Odasaku riversa a terra in un lago di sangue. Un attimo prima, Dazai aveva lasciato l’ufficio del Boss e quello dopo cercava di raggiungere più in fretta possibile la stanza dove Odasaku e quel folle di André Gide stavano combattendo. I corridoi  sembravano infiniti, come i gradini della scalinata che lo aveva condotto al primo piano. In sottofondo, solo il rumore di armi da fuoco che all’improvviso era cessato.
 
Durante quella solitaria e folle corsa aveva perso il pesante cappotto nero che Mori gli aveva donato, non gli importava dove fosse finito, ogni sua attenzione era rivolta all’amico. A pensarci bene, in fondo non c’erano altri particolari su cui valesse la pena di soffermarsi, in quel momento, per Dazai esisteva solo Odasaku.
 
Oda Sakunosuke, che aveva accettato la provocazione di un folle e che ora giaceva a terra in fin di vita. 
 
Oda Sakunosuke, l’unico che Dazai avesse mai considerato suo amico.
 
Il moro in quel momento non riusciva a ragionare con lucidità, pensava solo a Odasaku che tra le sue braccia, stava perdendo troppo sangue.
Al suo arrivo, il rosso era ancora cosciente anche se gli era bastata una rapida occhiata per capire quanto quelle ferite fossero gravi e che ormai non ci fosse niente che potesse fare. Era arrabbiato, frustrato, stava provando troppe emozioni per poterle descrivere. Non era abituato Dazai a provare sentimenti, forse per quello si sentiva così destabilizzato.
 
Il sangue continuava ad uscire a fiotti dalla schiena di Oda e lui non poteva far nulla per rallentarlo o tamponarlo. Il moro senza alcuna esitazione aveva allungato la mano per tentare di sorreggere l’amico. Era bastato solo un tocco e le sue bende si erano tinte di rosso. Il liquido denso e appiccicoso colava lentamente attraverso la stoffa, imbrattandola. Dazai ne poteva sentire il calore e la consistenza passare tramite tutti gli strati che gli ricoprivano la pelle.
 
Non avrebbe mai dimenticato quella sensazione, come anche gli ultimi istanti di vita dell’amico.
 
Come le ultime parole uscite dalle sue labbra, che lo avrebbero portato a cambiare radicalmente la sua vita e la sua esistenza. Ma soprattutto, non poteva dimenticare il sangue di Oda sulle sue mani. Caldo. Denso. Appiccicoso.
 
Dazai Osamu era un mafioso. Nel corso della sua vita si era macchiato di molti crimini e di altrettanti era stato responsabile. Il sangue che scorreva nelle sue vene era nero. Era un essere cinico e privo di sentimenti. Era nato per fare parte di quell’oscurità, di quel mondo. Per lui concetti come “bene”, “male”, “buono” o “cattivo” avevano il medesimo valore. O almeno era stato così fino in quel momento. 
 
Stringere il corpo ormai senza vita di Odasaku lo stava portando a fare i conti con una realtà dalla quale aveva sempre voluto sottrarsi. Stava provando una vasta gamma di emozioni e sentimenti nuovi che prima di allora non aveva nemmeno pensato potessero esistere. La morte di Oda lo aveva in qualche modo reso umano. 
 
Dopo quel breve istante di smarrimento. Dazai aveva adagiato il corpo di Odasaku a terra. Ormai tutto il pavimento era imbrattato di sangue, un tappeto scarlatto si stagliava sotto i suoi piedi. Freddo, vischioso e scivoloso. Poteva sentire le assi di legno scricchiolare ad ogni suo movimento. Tutt’intorno regnava il silenzio.
 
Erano questi i dettagli che la sua mente aveva registrato maggiormente. L’odore ferroso del sangue e quel pavimento di legno vecchio, cigolante e appiccicoso. La mente umana era meravigliosa, in quegli attimi di profondo dolore per la perdita di Odasaku, lui si era concentrato su particolari insignificanti come quelli. Ad un certo punto aveva notato la luce del tramonto, che filtrando da una delle ampie finestre aveva illuminato quella distesa scarlatta sotto i suoi piedi, facendo risaltare per contrasto il pallore del viso di Odasaku.
 
Qualche minuto dopo, Dazai era uscito dalla villa ed era tornato a volgere lo sguardo sulle sue mani, sporche di sangue. Non riusciva a credere a ciò che era appena accaduto. Si era trattenuto fino a quel momento, poi il dolore era esploso ed era scoppiato a piangere. Cadendo a terra in ginocchio.
 
Lanciò un urlo.
 
Dazai si svegliò di soprassalto. Era tutto sudato. Si accorse solo dopo qualche minuto di essere nel suo appartamento, a letto. La sveglia sul comodino segnava le tre e trenta del mattino. La prima cosa che fece fu osservarsi le mani, erano ricoperte come al solito di bende ma non c’era alcuna traccia di sangue. Respirò profondamente, cercando di calmarsi.
 
Di colpo ricordò ogni cosa, il suo cervello si mise subito in funzione. 
 
Odasaku era morto da una settimana. Erano passati sette giorni ma gli incubi e il ricordo di quegli istanti non lo lasciavano in pace. Dazai poteva percepire, nonostante ormai fosse completamente sveglio, la sensazione viscosa del sangue dell’amico mentre colava sulle sue mani. 
Era abituato a togliere la vita, la morte era stata per lungo tempo una fidata compagna di viaggio. Lui stesso l’aveva rincorsa più e più volte, però da quando aveva perso Odasaku aveva iniziato a vedere le cose sotto un’altra prospettiva.
 
Dazai era cambiato, non era più lo stesso. Avrebbe adempiuto all’ultimo desiderio di Oda, avrebbe aiutato le persone, smesso di uccidere.
Poco dopo, si alzò pigramente dal letto e si diresse in bagno. Si lavò più volte le mani tentando di togliersi di dosso quel sentore appiccicoso che non sembrava volerlo abbandonare. Arrivò persino a rifarsi i bendaggi, tutto, pur di togliere quell’odiosa sensazione.
 
Forse facendo del bene, diventando una persona “buona” quel fastidio se ne sarebbe andato. O almeno lo sperava.
 
Si rimise a letto, anche se sapeva che non sarebbe riuscito a prendere sonno. Ogni volta che provava a chiudere gli occhi i suoi sensi lo riportavano sempre in quella villa. Rivedeva Odasaku, steso in quella pozza di sangue e ne tornava a percepire il calore e l’odore. Si domandò se col tempo quest’incubo sarebbe mai cessato.
 
Dazai si trovò a ridere tra sé, essere diventato un essere umano faceva veramente schifo.

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