(Bungo Stray Dogs) - Brothers in Arms
Feb. 19th, 2021 11:29 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Cow-t – Seconda settimana – M2
Prompt: 006 Addio alle armi - Hernest Hemigway
Fandom: Bungou Stray dogs
Rating: SAFE
Numero Parole: 3201
Note: Eccomi di nuovo con i pensieri di Chuuya dopo l’addio di Dazai alla Mafia. Il prompt è inteso come Chuuya che depone letteralmente le armi di fronte ai suoi sentimenti verso Dazai ma anche verso suo fratello Paul (e qui parte tutto un mio headcanon basato sul niente in attesa dell’uscita della Novel di Stormbringer) XD
E così se n’era andato. Non lo credeva possibile, eppure quel cazzo di idiota maniaco dei suicidi aveva davvero lasciato la Port Mafia. Mai prima di allora era accaduto qualcosa del genere, che uno dei Dirigenti, anzi no, che il più giovane Dirigente nella storia della Port Mafia lasciasse l’Organizzazione, facendo perdere completamente le sue tracce.
In quel momento, Chuuya non poté fare altro che dare un potente calcio al tavolino del salotto, finendo col romperlo in mille pezzi. Aveva in qualche modo bisogno di sfogare tutta la sua rabbia e frustrazione. Stava provando un sacco di sensazioni contrastanti in quel momento. Da un lato indubbiamente era arrabbiato per aver scoperto il tutto solo una settimana dopo. Si era dovuto allontanare da Yokohama per una missione rivelatasi più lunga del previsto, per questo non era rimasto in nessun modo coinvolto nella faccenda della Mimic. Quando aveva rimesso piede in città e soprattutto nella sede principale della Port Mafia, il rosso aveva trovato ad accoglierlo solo il caos e lo sconcerto che l’abbandono improvviso di Dazai aveva provocato. Dopo la rabbia era subentrata l’incredulità. Non riusciva a capire cosa quel idiota stesse nascondendo. Conosceva Dazai e sapeva che non era solito agire senza un piano, non avrebbe preso una decisione del genere alla leggera o senza un valido motivo. Doveva per forza esserci sotto dell’altro.
Nemmeno ventiquattr’ore dopo, Chuuya trovò la sua risposta.
Mori-san si era preso il disturbo di fornirgli un resoconto dettagliato sull’operazione Mimic, l’ultima alla quale Dazai aveva partecipato, guidando la loro prima linea. Il rosso aveva letto solo un nome, una sola frase di quel rapporto era bastata perché di colpo ogni cosa andasse magicamente a posto e ogni tassello di quel puzzle venisse ricostruito nella sua mente.
Oda Sakunosuke era morto.
All’improvviso ogni mossa compiuta da Dazai aveva acquistato una qualche parvenza di logica o senso. Dopo aver letto la parte in cui si accennava alla morte degli orfani di cui quel tuttofare si occupava, Chuuya non ci aveva più visto ed aveva finito col tirare un calcio a quel povero tavolo. Era stata una mossa davvero sleale coinvolgere dei bambini, anche per gente come loro. Se mai ci fosse stato qualcosa in comune tra lui e quel Oda era che tenevano entrambi al prossimo o perlomeno, davano un minimo di valore alla vita umana.
Poteva sembrare una cosa scontata ma non in quel ambiente. Dazai solo per citare un esempio, lui era il classico individuo cinico e privo di scrupoli. Più di una volta Chuuya era arrivato a dubitare che il suo partner avesse una coscienza. Mori era un altro esponente di quella categoria. Di colpo il rosso si ricordò di un altro individuo fatto della medesima pasta. Gli venne da ridere, mentre si prendeva il volto tra le mani ricoperte dai guanti e fissava le schegge di legno e vetro che ormai ricoprivano interamente il pavimento della sua stanza. In vita sua aveva incontrato un altro uomo fatto della stessa risma di quei due, un essere il cui unico scopo era inseguire il suo obiettivo e che non si sarebbe mai fermato di fronte a niente pur di raggiungerlo.
Suo fratello, Paul Verlaine.
Si tolse le mani dal viso andando a recuperare il cappello che portava in testa. Osservò a lungo quel oggetto, soffermandosi su ogni singolo particolare. Gli era stato regalato dal Boss quando aveva giurato lealtà alla Port Mafia. A lungo, Chuuya aveva vissuto nella convinzione che fosse appartenuto a Randou-san, cioè Arthur Rimbaud, una spia europea che aveva perso la memoria per colpa di Arahabaki ed aveva finito con l’essere reclutato nella Mafia.
Randou-san era morto anni prima, nel periodo in cui lui era entrato nella Port Mafia e aveva incontrato quel idiota di Dazai. Per diverso tempo Chuuya ricordava di aver desiderato, di aver potuto parlare di più con quel uomo, che sembrava essere l’unico a sapere qualcosa sulle sue origini. Andava spesso a trovare quella tomba in riva al mare, mentre parlava tra sé, rigirandosi proprio quel cappello tra le mani. Era stato lì che i suoi compagni delle Pecore lo avevano aspettato e poi tradito, arrivando persino a pugnalarlo.
Ora, improvvisamente tutto gli sembrava così ironico; prima era stato tradito da quelli che considerava amici, non solo compagni, ed ora era arrivato il turno di Dazai. Forse semplicemente era destino, dopotutto lui era il vessillo di Arahabaki, incarnazione del dio della distruzione, come poteva pretendere di condurre una vita normale, avere dei legami normali. Ovunque andava quella maledizione sembrava perseguitarlo. Potevano passare anni eppure le parole di suo fratello ogni tanto tornavano per tormentarlo;
“Sei un dio della distruzione Chuuya, non siamo fatti per questo mondo”.
All’inizio era convinto di essere solo quello per Paul, un esperimento, una piccola cavia da sfruttare per il suo “grande piano”.
Come sempre si era sbagliato. Chuuya doveva in qualche modo saperlo di non essere bravo nel giudicare le persone, aveva una lunga lista di fatti che potevano attestare quella teoria, però per lungo tempo ci aveva creduto. Osservò nuovamente quel cappello e la faccia da schiaffi di Verlaine tornò a tormentarlo. Ecco, forse suo fratello era la persona che, dopo Dazai, odiava di più al mondo.
Paul Verlaine era arrivato a sconvolgere la sua vita due anni prima. Stava festeggiando, se così poteva dire, il suo primo anniversario nella Port Mafia. Non era stato chissà quale evento ma Dazai (e chi altri) aveva insistito per organizzare una piccola festicciola e lui come sempre si era ritrovato coinvolto nelle folli iniziative del suo partner. Ad un certo punto era stato convocato nel ufficio del Boss dove si era trovato di fronte Verlaine ed altri strambi personaggi che non aveva mai visto.
Col senno di poi Chuuya avrebbe dovuto capire subito che qualcosa non tornava. Paul sorrideva troppo per i suoi gusti e aveva un modo di fare che gli ricordava fin troppo Dazai.
Il resto sembra uscito da un classico copione di un romanzo o film di serie B. Verlaine si era finto morto per scappare da un’Organizzazione nemica sulle sue tracce. Aveva sfruttato la scomparsa di Rimbaud e la lite avvenuta con lui per simulare anche la sua dipartita ed aveva potuto così agire indisturbato nell’ombra per tutti quegli anni. Aveva creduto che anche l’amato fratello minore avesse perso la vita nel incidente di Suribachi mentre invece non era stato così.
Chuuya aveva ascoltato in silenzio prima di regalare a Verlaine un’espressione scocciata. Non gli interessava di avere un fratello, voleva solo avere la possibilità di leggere i documenti in possesso di Mori per scoprire di più sul potere di Arahabaki. Paul sembrava addolorato ma al rosso tutte quelle moine non importavano. Aveva fatto per andarsene e solo in quel momento quel biondo spilungone gli aveva rivolto la parola:
“Vedo che indossi il mio cappello”
Così aveva scoperto che prima di appartenere a Randou/Rimbaud quel oggetto era appartenuto a Verlaine. Chuuya ricordò di esserselo tolto lentamente dal capo e di averglielo gettato ai piedi.
“Riprenditelo allora”
Non sapeva perché avesse reagito così, forse troppe informazioni insieme, la scoperta di avere un fratello in fondo non era cosa facile da digerire. Era uscito dall’ufficio del Boss per poi tornare alla festa. Dazai fu il primo ad accorgersi del suo arrivo, come anche che ci fosse qualcosa di strano che lo turbava. Il rosso sembrava essere più scontroso e agitato del solito.
“Ho un fratello” era improvvisamente esploso, non riuscendo a trattenersi.
“Che?”
Così aveva finito per rivelargli tutto. Odiava quel idiota bendato con ogni fibra del suo corpo ma doveva anche ammettere che all’interno della Port Mafia non si fidava ancora di nessuno. Per qualche strana ragione però sapeva che poteva contare su Dazai, era come se lo avesse sempre saputo, fin dal loro primo incontro.
“Dunque” aveva iniziato il moro dopo aver ascoltato la spiegazione; passandosi una mano sotto il mento come se stesse cercando di fare il punto della situazione,
“Mori-san ti ha convocato nel suo ufficio perché questo Paul ti stava cercando”
“Esatto”
“Dice di essere tuo fratello ma non solo. Da quanto mi sembra di aver capito era lui il partner che aveva litigato con Randou-san”
“Stai dimenticando la parte in cui ha approfittato della scomparsa di entrambi dopo Suribachi per inscenare la propria morte e farsi i fatti suoi indisturbato”
“Ci stavo arrivando Chibi” Dazai aveva fatto un gesto della mano come per calmarlo, come se dovesse spiegare un concetto complicato ad un bambino pestifero. Chuuya aveva fatto il possibile per ignorarlo, al momento era altro ciò che più gli premeva di sapere;
“Bé allora, che ne pensi?” aveva chiesto, forse un po' troppo velocemente, tradendo il suo reale stato d’animo.
“Molte cose non tornano. Ovviamente tu sei solo un pretesto, Verlaine starà puntando a qualcos’altro, ci deve essere qualcosa che la Port Mafia possiede e lui ed i suoi desiderano. Tu sei stato solo una scusa per approcciarci. Infiltrasi nella base del nemico e carpire più informazioni possibili è alla base di ogni strategia militare”
All’inizio ci era rimasto male per essere stato etichettato come pretesto ma in fondo anche lui era arrivato ad una conclusione simile. Erano passati anni da Suribachi, Paul avrebbe avuto tempo e risorse per ritrovare lui e Rimbaud, sempre se gli fosse importato qualcosa di loro. Se si era fatto vivo solo allora era perché Chuuya gli serviva.
“Ha bisogno del mio potere” disse bisbigliando ma con un tono non abbastanza basso perché il suo partner non potesse sentirlo.
“Bingo” si limitò a dire, prima di aggiungere;
“Mori-san sarà arrivato alle nostre stesse conclusioni, ma non preoccuparti, qualsiasi cosa voglia tuo fratello, tu ora sei un membro della Port Mafia”
Chuuya ricordò di essere arrossito a quelle parole, era forse stata una delle prime volte in assoluto che Dazai aveva espresso qualcosa di anche solo lontanamente carino nei suoi confronti. Ed ora col senno di poi faceva ancora più male.
Paul e Dazai si erano rivelati uguali. Avevano giocato con i suoi sentimenti, e anche se in modo diverso, Chuuya aveva finito con il restare deluso da entrambi.
Aveva provato a fidarsi di Verlaine, ad assecondarlo, quando ancora non aveva capito a che gioco stesse giocando. Anche in quel caso, era stato tutto un piano di Dazai. Se Paul aveva sfruttato Chuuya per avvicinarsi alla Port Mafia, loro potevano fare altrettanto per capire le loro vere intenzioni.
Così aveva recitato nel ruolo del fratello ritrovato, e lo aveva sfruttato per conoscere meglio quel biondo spilungone e i suoi strambi colleghi.
“Abbiamo la stessa madre ma padri diversi” ricordava gli avesse spiegato Verlaine durante uno dei loro primi incontri, forse per cercare di conquistare la sua fiducia;
“Mio padre era francese per questo ho passato in Europa gran parte della mia vita. Nostra madre invece viaggiava per il mondo, era una spia, aveva un’Abilità incredibile per questo spesso partecipava ad esperimenti segreti”
“Io sono il risultato di un esperimento?” aveva chiesto allarmato e curioso, ma Paul era scoppiato a ridere;
“Ma no, che ti salta in mente? Lavorava in un laboratorio di ricerca sulle Abilità Speciali, era un progetto in cui erano coinvolti molti governi. Noi la accompagnavamo solo al lavoro. Soprattutto tu”
“E Arahabaki allora?”
“Il progetto a cui nostra madre e tuo padre stavano lavorando, incanalare quel entità e portarla nel nostro mondo”
“Qui entra in gioco Randou-san giusto?” Verlaine aveva sorriso;
“Già Arthur. Ricordo che era entusiasta all’idea. Finalmente il suo potere poteva rivelarsi utile, aveva trovato uno scopo” Chuuya non aveva potuto fare a meno di scorgere una strana luce negli occhi del maggiore mentre parlava di Rimbaud, non gli stava raccontando tutta la verità, doveva prevederlo, eppure non si voleva perdersi nessuna parola che usciva dalle sue labbra.
“Alla fine quando il progetto è fallito credevo di aver perso tutto. La mia famiglia, Arthur”
“Se sapevi che ero sopravvissuto perché non mi hai cercato”
“Eri più al sicuro così”
“Vivendo tra i rifiuti? Lottando per sopravvivere?”
“Mi sembra che tu te la sia cavata egregiamente, guardati fratellino, sei nella Port Mafia e un giorno potresti ambire ad un ruolo da Dirigente” ma il rosso non voleva sentire altro. Se ne era andato sbuffando.
***
“C’era un qualche legame tra mio fratello e Randou-san”
Non sapeva perché avesse deciso di dar voce ai suoi dubbi proprio in quel momento, si era acceso una sigaretta, l’ennesima della serata, mentre si trovava sul tetto di un edificio abbandonato. Dazai era seduto a qualche metro da lui intento ad osservare il tramonto, avevano appena finito un pedinamento.
“Credo fossero più che semplici partner”
Inizialmente Chuuya non aveva capito. Aveva solo sedici anni non aveva mai pensato a cose come l’amore o che avessero a che fare con quello. La sua mente era sempre stata presa da tutt’altro.
“Erano amanti Chibi” c’era mancato poco che Chuuya non cadesse dal tetto dopo quell’uscita. Non si aspettava un risvolto del genere, però doveva ammettere che viste da quel punto di vista molte cose combaciavano.
“Il litigio era roba da innamorati e anche il motivo per cui Paul non ha più cercato Randou. Ecco perché non sono riusciti ad uccidersi a vicenda” a quella prospettiva Dazai era partito con i soliti sproloqui su quanto sarebbe stato poetico uno scontro all’ultimo sangue tra due sventurati amanti ma Chuuya non gli aveva più prestato attenzione. Non riusciva a pensare a suo fratello e Randou-san insieme in quel genere di contesto, di atteggiamento, sembravano essere così diversi, come lo erano lui e Dazai.
A quel pensiero smise di respirare. Aveva appena pensato a lui e quel idiota in quel tipo di relazione? No, impossibile.
“Perché sei arrossito ora Chuu?”
Non voleva saperlo.
***
Alla fine per un breve istante Nakahara Chuuya aveva deposto le armi. Si era lasciato abbindolare dalle parole di Paul, forse perché una parte di lui aveva davvero voluto credere a suo fratello. Dazai se l’era aspettato, conosceva anche lui il proprio partner come le sue tasche, e aveva già pronto un piano di riserva che avrebbe funzionato.
Chuuya si era ritrovato così nuovamente usato e poi abbandonato. Quando avevano impedito a Verlaine di ottenere ciò che desiderava lui ed i suoi amici se n’erano andati, partendo per l’Europa e giurando vendetta. Il rosso ricordava ancora un’ultima emblematica conversazione avvenuta tra suo fratello e Dazai;
“Ora ve la siete cavata ma guardatevi dai ratti, soprattutto tu”.
Il moro aveva sorriso e Chuuya non aveva fatto domande.
Paul aveva provato a plagiarlo, a portarlo dalla sua parte, lui però non aveva ceduto. Aveva scelto di credere in Dazai, per l’ennesima volta aveva scommesso tutto su di lui, affidandogli non solo la sua vita. Il moro probabilmente aveva sempre saputo che genere di potere esercitava sul partner e non si era fatto scrupoli ad usarlo a suo piacimento. In questo era simile a suo fratello.
Per Paul, Chuuya rappresentava solo un’Abilità, una risorsa da sfruttare e gettare a piacimento. Si era illuso di poter essere qualcosa di diverso per Dazai ma alla fine era giunto allo stesso epilogo. Era solo, nei suoi appartamenti a fissare quel cappello che racchiudeva fin troppi ricordi, mentre desiderava solo poter bere fino ad arrivare a perdere i sensi. Voleva smettere di pensare Chuuya, perché ogni pensiero portava con sé solo altra sofferenza. Era proprio vero, che quando si viene traditi dalle persone più vicine fa più male.
Paul e Dazai erano gli unici con i quali era mai arrivato ad abbassare le proprie difese, con loro si era mostrato per quello che era, ed ora stava pagandone il prezzo.
Teneva ancora quel cappello tra le mani, forse, arrivò a pensare, sarebbe stato meglio perdere la memoria come Randou-san, svegliarsi l’indomani e non avere più alcun ricordo di Dazai o di qualsiasi cosa collegata a lui. Sarebbe stato solo più facile.
Oppure fare come suo fratello, scappare, andarsene addirittura in un altro continente piuttosto che affrontare i propri sentimenti.
Chuuya tornò ad osservare il file sulla Mimic, Oda Sakunosuke aveva perso la vita solo perché si era trovato ad essere la pedina perfetta per essere sacrificata in quel gioco di poteri, lo stesso era stato per Randou-san. Prima o poi, il rosso ne era certo, sarebbe arrivato anche il suo turno. Non era più così innocente o sprovveduto, sapeva che dal momento in cui non sarebbe più servito, la Port Mafia si sarebbe sbarazzata anche di lui.
In una settimana quasi dall’abbandono (guai a chiamarlo tradimento) di Dazai, si erano quasi completamente riorganizzati. Era un chiaro segnale. La Port Mafia stava sfruttando quell’occasione per lanciare l’ennesimo messaggio: tutti sono utili ma nessuno di loro era indispensabile. La perdita di Dazai era stata un duro colpo ma il Boss voleva mostrare a chiunque osasse minacciarli che la loro forza non era stata intaccata. Perdere il giovane Dirigente aveva provocato certamente dei danni, d’altronde ci sarebbe voluto del tempo prima di riuscire a ripulire del tutto la loro immagine. Però si sarebbero rialzati e sarebbero tornati più forti di prima.
Era questo ciò a cui doveva aggrapparsi Chuuya. Sarebbe risorto come una fenice, lui vessillo del dio della distruzione, sarebbe rinato dalle ceneri provocate dall’abbandono di Dazai per poi tornare più forte di prima. Gliel’avrebbe fatta pagare un giorno a quel fottuto idiota bendato, se mai si fossero nuovamente incontrati, era certo che avrebbe restituito al suo ex partner tutta la sofferenza che stava provando.
Si rimise il cappello in testa e facendo attenzione a schivare i vetri sul pavimento si diresse verso la vetrinetta dove conservava la sua collezione migliore di vini. Scelse un Petrus del ‘89, era uno dei più costosi e pregiati ma la situazione lo richiedeva. Si versò un bicchiere dopo l’altro decidendo si scendere volontariamente pian piano verso l’oblio.
Mentre la sua mente veniva annebbiata dal alcol gli tornarono in mente le parole di suo fratello. Erano del giorno in cui aveva provato a chiedere qualche dettaglio di più sul suo legame con Randou-san;
“Non so cosa eravamo, non credo ci sia una parola giusta per definirci e credimi la sto cercando tra tutte le lingue che conosco” si era grattato il capo e gli aveva sorriso;
“Però condividevamo un qualcosa, che era solo nostro. Era tutto più facile quando eravamo solo io e Arthur, penso che le cose tra di noi abbiano iniziato ad andar male quando la realtà, se così la vogliamo definire, è entrata nel nostro piccolo mondo. Prima eravamo colleghi, poi amici e infine compagni”
Chuuya ricordava di aver storto il naso, non capendo la differenza tra l’uno e l’altro. Paul gli aveva sorriso;
“Un giorno capirai le mie parole fratellino, quando incontrerai quel tuo qualcuno lo capirai”
Quel giorno di fine gennaio, dopo essersi scolato nella solitudine del suo appartamento una bottiglia intera di Petrus, Chuuya arrivò finalmente a comprendere le parole di Verlaine e si trovò a maledire per l’ennesima volta prima lui e poi Dazai. Prima o poi, si trovò a giurare a se stesso, l’avrebbero pagata entrambi.