Apr. 2nd, 2022

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Cow-t 12 – Sesta settimana – M3

Prompt: 004. “Si. Anzi, no”

Fandom: The Case Study of Vanitas

Rating: SAFE 

Numero Parole: 2000

Note: Noè scopre che Louis è ancora vivo.






Al mondo c’erano ancora troppe cose che Noè non comprendeva e a cui probabilmente non sarebbe mai riuscito a dare una spiegazione. Il vampiro sapeva bene di essere un ingenuo, come molte forse troppe volte Vanitas gli aveva fatto notare. Però sicuramente non era uno stupido. 


Aveva rivisto Louis e questa volta era certo che non si trattasse di un sogno. Era troppo reale per esserlo. Il vampiro dai capelli corvini gli aveva sorriso e a Noè era parso all’improvviso di tornare indietro nel tempo. In un’epoca lontana quando esistevano solo lui e Domi. Quando le loro giornate trascorrevano serene e loro vivevano ignari della crudeltà del mondo che li circondava. Rinchiusi in quella bolla di felicità che per lungo tempo era stata l’unica quotidianità che aveva conosciuto.


Louis però sapeva. Aveva sempre saputo ogni cosa e come il Maestro, aveva preferito tenere lui e Dominque all’oscuro. Voleva solo proteggerli e lo aveva fatto fino al suo ultimo respiro. Noè non riusciva a capacitarsi si quello. Louis era morto tra le sue braccia, ne era certo. Il ricordo della testa dell’amico che veniva staccata dal corpo non aveva smesso di tormentare i suoi incubi. Rivedeva le immagini di quella notte senza luna ancora e ancora. Come poteva sentire la voce disperata dell’amico che lo pregava di dare una fine alle proprie sofferenze.


Tuttavia Louis era vivo, il perché o il come non avevano importanza. In quel preciso istante il suo migliore amico si trovava a pochi metri da lui e Noè stava combattendo con tutte le proprie forze contro l’istinto di correre ad abbracciarlo. Non si accorse nemmeno di essere scoppiato a piangere fino a quando non sentì le proprie lacrime bagnargli le guance.


Una parte di lui temeva che al solo toccarlo il giovane De Sade sarebbe scomparso, dissolvendosi come neve al sole tra le sue braccia. Nei suoi sogni d’altronde era sempre stato così, era condannato a ritrovare Louis solo per poterlo perdere di nuovo. Era la punizione che si era auto inflitto. Il peso della colpa per non essere riuscito a salvarlo.


Quella notte Noè aveva litigato con Vanitas. Era stato un battibecco come tanti in cui i loro caratteri e divergenze di opinioni avevano finito con lo scontrarsi. Il possessore del Libro ad un certo punto se ne era semplicemente andato fuggendo dalla finestra per raggiungere i tetti di Parigi lasciando il vampiro nella loro camera pieno di dubbi e sensi di colpa. Noè odiava alzare la voce come litigare ma l’umano e la sua impertinenza mettevano a dura prova i suoi nervi già tesi. Erano successe un sacco di cose, in primo luogo avevano da poco fatto ritorno dal caso della bestia del Gevaudan. Erano accadute molte cose in quella provincia francese e nell’ultimo periodo. Vanitas sembrava essere sotto una specie di incantesimo perpetrato da Jeanne mentre Noè si interrogava sulle ultime visioni avute da Charlatan, Naenia o come diavolo si chiamava quella creatura. Ogni volta che si trovava a doversi scontrare con quel mostro sentiva la sua mente vacillare e nuovi dubbi nascere dentro di lui.


In particolare, l’ultimo degli Archiviste ripensava a quando, nel vuoto, aveva teso la propria mano cercando di afferrare quella di Vanitas. La figura mascherata che si era rivolta a lui in quel macabro  teatrino aveva un qualcosa di familiare a cui però in quel momento non era riuscito ad associare nulla. Era stata solo una sensazione, durata una manciata di secondi ma capace di alimentare numerosi dubbi dentro al suo animo. 


Aveva cercato di parlarne con il proprio partner ma Vanitas era ancora troppo occupato a pensare alla Burreau per prestagli la dovuta attenzione. Così avevano finito con il litigare. Il vampiro era quindi uscito a prendere una boccata d’aria cercando di calmare il turbinio di sentimenti ed emozioni che solo quel testardo umano riusciva a provocargli. Tra di loro era sempre stato così sin dall’inizio, una sfida unica. Entrambi odiavano perdere e non erano disposti a cedere sulle proprie convinzioni era di per sè un miracolo che avessero trascorso così tanto tempo insieme.


Tornò ad osservare la città. Parigi di notte era meravigliosa e non gli sarebbe importato di perdersi in quella meraviglia. Quella sera la luna era coperta da alcune nubi ma al vampiro non importava, aveva deciso che niente avrebbe intaccato la sua ricerca di buon umore. 


Se Vanitas aveva scelto i tetti per darsi alla fuga, Noè aveva preferito i viali illuminati. Così aveva iniziato a ripercorrere gli Champs-Elysée osservando con scarso interesse le numerose coppiette che passeggiavano a braccetto. Forse avrebbe dovuto invitare Domi ma parlare con l’amica era l’ultima cosa che in quel momento desiderava. Si accorse dopo qualche istante che Murr lo aveva seguito per tutto il tempo.


“Tu cosa ci fai qui? Vieni ti riporto a casa” mormorò chinandosi per recuperarlo. In tutta risposta però il gatto finì con lo scivolare dalla sua presa per poi mettersi a fuggire.


Il vampiro fu costretto ad inserguirlo perdendo come sempre il senso dell’orientamento. Quando finalmente riuscì a recuperare il proprio animale domestico si accorse di non sapere dove fosse. Era in una specie di deposito abbandonato.


Era stato in quel luogo in cui aveva trovato Louis.


Il giovane De Sade era identico a come se lo ricordava era solo inevitabilmente cresciuto, come era successo anche a lui. Il vampiro sorrideva come il bambino che Noè amava ricordare nei propri sogni. Era così bello.


“Louis, ma come è possibile?” il moro era scoppiato a ridere. Quel suono così nostalgico riempì le orecchie di Noè. Erano anni che non udiva quella risata, gli era mancata, come ogni cosa dell’amico d’infanzia.


“Mi chiedi veramente solo questo?” aveva risposto il vampiro spostandosi la frangia di lato. Era un movimento che gli ricordò Dominique. Louis però possedeva una grazia e dei modi che la gemella non avrebbe mai potuto imitare. Erano diversi, lo erano sempre stati.


“Sei morto tanti anni fa. La tua testa” e nel dirlo Noè si trovò quasi a barcollare su se stesso. Perché ricordare gli risultava così difficile in quel momento? Cosa stava accadendo? Era tutto un’illusione? Un sogno creato da Charlatan per obbligarlo a rivelare il suo vero nome?


Inaspettatamente Louis si avvicinò. Erano l’uno di fronte all’altro quando il giovane De Sade alzò una mano per accarezzargli il volto ed asciugare quelle lacrime che non ne volevano sapere di arrestarsi;


“Puoi essere cresciuto in altezza ma rimani il solito bambino piagnucolone”


“Louis ma sei vivo” 


“Ne sono consapevole”


“Io ti credevo morto. Dobbiamo dirlo a Domi”


“Si. Anzi, no. Non ora. Dimenticati di mia sorella per favore” Noè non capiva, c’era qualcosa di diverso nello sguardo di Louis. Non riusciva a distogliere l’attenzione da quelle iridi ambrate. Non aveva mai visto occhi più belli, forse solo quelli di Vanitas. Improvvisamente si ricordò del proprio compagno, fece per andare ma Louis fu più veloce e lo afferrò per un fianco;


“Che stai facendo?” chiese leggermente preoccupato e confuso. In risposta ricevette solo l’ennesimo sorriso,


“Non voglio separarmi di nuovo da te. Non lo sopporterei. Resta un altro pò”


“Louis che sta succedendo?” Prima che potesse dire o fare altro però le sue labbra vennero catturate da quelle del moro. Noè rispose inconsciamente a quel bacio, schiuse la bocca lasciando libero l’accesso alla lingua dell’amico.. Si separarono dopo quella che parve un’eternità.


“Louis io davvero, non capisco che sta succedendo” mormorò a pochi millimetri dalle sue labbra.


“Bevi il mio sangue. Così vedrai quanto il mio sentimento sia sincero. Io ti amo Noè. Non ho fatto altro per tutta la vita. Ogni mia decisione è stata presa solo per il tuo bene”


“Non mi serve bere il tuo sangue. Non voglio. Non posso” Noè provò ad allontanarlo ma l’altro si strinse maggiormente a lui. Sentiva ancora il suo fiato caldo contro al proprio collo. Era tutto esattamente come quella sera, quando Louis si era stretto a lui. Pochi istanti prima che la sua testa venisse separata dal resto del corpo. Lo allontanò con forza;


“Questo deve essere un sogno, un’allucinazione, deve essere opera di Charlatan. Tu sei morto non sei qui non sei reale Louis, per quanto io lo desideri con tutto me stesso tu non puoi essere qui, lo sappiamo entrambi” il giovane De Sade si avvicinò quel tanto che bastava per poterlo baciare di nuovo.


“Come può questo essere un sogno?” gli chiese guardandolo negli occhi con una dolcezza che Noè sapeva appartenere solo a Louis.


“Come posso accettarlo? Sei morto tra le mie braccia”


“E se fosse stato quello il sogno?”


“No. Significherebbe che per tutto questo tempo tu hai deciso di nasconderti a me. Anche questa verità sarebbe troppo. Domi. Hai mentito pure a lei?” Lo sguardo di Louis si fece improvvisamente più freddo, distante;


“Lei ha sempre saputo la verità” Noè scoppiò nuovamente a piangere;


“Allora sono solo io la vittima del vostro inganno? Oh Louis, perché il tuo fantasma ancora tormenta i miei sogni e occupa la mia mente. Sei un pensiero fisso che non mi lascia via di scampo”


“Cosa desideri Noè?”


“I miei desideri sono gli stessi di quel giorno, te ne ricordi? Eravamo in un prato fuori dal castello. Tu leggevi un libro e io intrecciavo una ghirlanda di fiori, avrei tanto voluto regalarla a Domi. Ti dissi che avrei voluto vivere in quel modo per sempre. Tu ed io insieme lontani da tutto” Louis sorrise tornando ad accarezzargli il volto. Noè era cresciuto ed ora era più alto di lui ma non gli importava.


“Ti dissi che non era possibile”


“Credi che ora possa esserlo?”


“E’ sempre stato un desiderio impossibile Noè. Non siamo mai stati destinati a stare insieme, era tutto un piano architettato da mio nonno..” ma il vampiro non lo lasciò finire;


“Ho passato ogni giorno a domandarmi come sarebbero andate le cose se avessi agito diversamente. Se quella dannata notte avessi avuto la forza di proteggerti”


“Non toccava a te farlo”


“Ho sempre voluto proteggerti Louis e dopo che te ne sei andato ho tentato di fare lo stesso con Domi”


“Oh Noè vorrei che ci fosse una soluzione più semplice. Mi mancavi. Non riuscivo a sopportare l’idea che tu fossi a Parigi. Che tu fossi qui senza di me”


“Già, era il nostro sogno. Vivere insieme a Parigi” mormorò il giovane Archiviste come se se ne fosse appena ricordato.


“Ti amo così tanto Noè che fa male, anche ora il solo averti così vicino mi provoca una tale sofferenza”


“Cosa posso fare per aiutarti?” sarebbe stato pronto a tutto


“Amami” sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra. Noè non era certo di aver compreso quella richiesta. Sentì solo le mani del giovane De Sade risalire dal proprio fianco sino alla schiena per poi iniziare a spogliarlo. Il vampiro non capiva cosa stava accadendo, aveva solo voglia di baciare Louis, stringerlo a sé e liberarlo da quella sofferenza che leggeva nel suo sguardo. Non aveva mai avuto esperienze simili con nessuno ma il tutto avvenne in modo naturale, come se fossero semplicemente destinati ad essere insieme, ad amarsi. 


Non appena l’amplesso finì Noè si addormentò sul pavimento. Louis si rivestì in fretta prima di coprirlo con il proprio mantello. Non era pentito di quel gesto, non gli aveva mentito. Aveva desiderato rivedere l’amico sin dal primo momento in cui Domi lo aveva informato del suo arrivo a Parigi. Sapeva che era rischioso e come fosse una pessima idea solo che non aveva saputo controllare i propri sentimenti. Lui amava Noè. Era impossibile non farlo. Era una creatura meravigliosa. Si perse ad osservare i lineamenti di quel viso angelico. Aveva finto la propria morte solo per lui, per salvarlo dai piani del Conte.


Forse in un futuro la loro storia avrebbe avuto un lieto fine. Per il momento avrebbe conservato il ricordo di quella notte nel proprio cuore. 


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Cow-t 12 – Sesta settimana – M3

Prompt: 015. “La verità è che ti amo ancora.”

Fandom: Attack on Titan

Rating: SAFE 

Numero Parole: 967

Note: primo tentativo di scrivere in francese su questo fandom






On n’a pas toujours l’occasion de dire ce qu’il faut au bon moment. Parfois, il suffit d’un moment de distraction pour perdre cet instant et finir par le regretter pour le reste de sa vie.


Levi était un soldat. Élevé par un assassin. Personne ne lui avait jamais appris ces choses, en particulier comment se comporter à certaines occasions. Il a dû comprendre par lui-même le sentiment qui s’était frayé un chemin en lui. Il s’en est rendu compte quand la lumière du coucher de soleil a éclairé le profil d’Erwin. C’était la première fois qu’il pensait que le commandant était simplement beau.


C’est là qu’il a réalisé qu’il était littéralement foutu.


Il se souvenait qu’Isabel se moquait de lui à cause de son habitude de fixer le blond commandant de la Légion exploratoire, mais d’admettre qu’il avait des sentiments pour lui en passait.


Et pourtant, c’est à ce moment précis qu’il a tout compris.


Il imagina le rire de Kenny, son sourire de se moquer de lui. Levi jura dans le silence de ses chambres. Il aurait enterré tout dans son âme, personne ne l’aurait su.


Les premiers à s’en apercevoir étaient évidemment Farlan et Isabel, mais seulement parce qu’ils avaient déjà des soupçons. Levi se bat contre toutes ses forces avant de baisser la tête et admettre aux deux personnes les plus importantes de sa vie qu’il avait le béguin pour l’homme qu’il aurait dû tuer.


"Est si romantique" avait commenté la jeune fille avant de recevoir sa réplique ennuyée;


"Non, c’est juste une nuisance. Ne vous inquiétez pas, je remplirai quand même ma mission. Je n’échouerai pas."


Farlan et Isabel ont échangé un regard qui valait mille mots.


Mais tout a été anéanti par la cruauté de ce monde. Levi ne put éviter la mort de ses amis comme il ne put rien faire d’autre que d’accepter la proposition d’Erwin. Il ne lui restait que ce symbole, les ailes de la liberté qui semblaient être faites exprès pour apparaître sur ses épaules.


C’est ainsi qu’il avait obtenu une nouvelle vie, et du sang de cette tragédie était née la légende du Capitaine Levi, le soldat le plus fort de l’humanité.


Seuls Erwin et quelques autres connaissaient la réalité.


Il ne reste qu’un écho de ce sentiment caché derrière des regards et des regards fugaces. Si Erwin s’en aperçoit, il ne dira rien comme Levi n’a rien fait pour attirer l’attention. 


Ils sont arrivés à un point où ils ont simplement explosé et se sont retrouvés dans les bras de l’autre. C’était comme si toute cette passion refoulée avait finalement trouvé un moyen de sortir et les avait submergés. Levi n’aurait donné tout ça qu’à Erwin. Il n’aurait jamais permis à quelqu’un d’autre de découvrir son côté si vulnérable, humain. 


Erwin accepta tout cela en silence. Ce n’était pas facile pour le Commandant de retenir ses sentiments.


Levi avait attiré son attention dès la première fois qu’il l’a vu voler. Ce garçon était l’incarnation des ailes de la liberté et il aurait fait tout son possible pour le faire briller en plein jour. Il avait tout fait pour que Levi reste à ses côtés, même s’il n’avait évidemment pas pu prévoir ou éviter la mort des amis du garçon.


Finalement, contre toute prévision ou règle morale, il décida de s’abandonner à ce sentiment qu’il s’était trop longtemps refusé. Comme Levi s’y attendait, mais les deux étaient trop fiers pour faire le premier pas.


"Nous ne sommes rien. Ne te fais pas d’idées" furent les premiers mots que le Capitaine lui adressa après leur première nuit ensemble. Erwin les accepta en silence. Il aimait tous les aspects de Levi et dans le monde où ils vivaient, il était inutile d’échanger toute promesse ou déclaration. Ils ne savaient même pas s’ils s’aimeraient encore ou s’ils survivraient pour voir l’aube.


Leur relation durait depuis quelques années quand Eren Jaeger fit son entrée en scène bouleversant leurs vies. Pour Erwin, ce garçon était un pion précieux pour atteindre son but, qui est de connaître la vérité sur ce monde, pour Levi était juste une nuisance à laquelle il devait s’occuper.


 "La vérité, c’est que je t’aime toujours. Je n’ai jamais cessé de le faire depuis le premier jour où nos rues se sont croisées dans la ville souterraine" Erwin lui a murmuré quelques centimètres de ses lèvres juste avant de conduire la charge qu’ils savaient tous les deux conduirait à la mort;


"Nous avions décidé aucune phrase sentimentale" l’avertit Levi même si l’expression figurant sur son visage criait le contraire.


"Tu viens de m’envoyer à la mort, je pense que tu peux supporter ça."


Levi ne répondit pas. Il n’y avait rien qu’il puisse dire à ce moment-là. Il l’aurait probablement regretté pour le reste de sa vie, ou il serait mort lui-même dans quelques heures. Il regarda Erwin dans les yeux une dernière fois. Il ne pourrait jamais dire "Je t’aime" mais il savait que l’homme comprendrait également. 


Il allait tuer le Géant Bête, venger Erwin. Ce serait sa seule et unique raison de vivre.





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