(Attack on titan) - To Be a Father
Cow-t 12 – Prima settimana – M1
Prompt: Futuro
Rating: SAFE (Angst)
Numero Parole: 3177
La ragazzina dai lunghi capelli castani stava correndo verso la scogliera; era completamente scalza e indossava un vestito turchese. Tutto intorno a loro c’era una leggera brezza tipica delle giornate primaverili. Erano soli, non vi era nessuno che potesse disturbare l’intimità di quel momento.
Continuava a chiamarla per nome ma lei non sembrava avere alcuna intenzione di voltarsi o fermarsi. Mocciosa insolente e indisciplinata.
Doveva arrabbiarsi, sapeva di doverlo fare, eppure non ci riusciva. Era felice, talmente tanto da esserne completamente ubriaco. Mai avrebbe creduto che sarebbe arrivato quel giorno, il giorno in cui avrebbe perso del tutto la ragione.
Si era fermata una volta raggiunto l’orlo del precipizio e si era incantata ad osservare il mare. Quella distesa di acqua era tutto ciò che li divideva dal resto del mondo. Da quell’umanità che li aveva etichettati come demoni soltanto perché spaventata da un potere che non era in grado di comprendere né tanto meno controllare. L’ignoranza genera paura, nessuno meglio di lui lo sapeva. Sua figlia però non ne aveva idea, lei vedeva solo un orizzonte di possibilità infinite stendersi davanti ai propri occhi. Una parte di lui le invidiava quell’innocenza che sapeva di non aver mai posseduto.
Sua figlia si era voltata verso di lui e gli aveva teso la mano. Non aveva mai smesso per un attimo di sorridere. Quello era il suo sorriso. Ogni cosa di quella creatura gli ricordava Uri. Era inevitabile, era stato così sin dal primo momento in cui l’aveva stretta tra le proprie braccia.
«Guarda papà siamo arrivati al mare» fu tutto ciò che disse.
Fu solo allora che anche Kenny Ackerman sorrise, incapace di fare altro.
***
-20 anni prima-
Kenny Ackerman non era un padre ed era certo che mai lo sarebbe potuto diventare. La prima volta che ne ebbe l’occasione fu quando, all'improvviso, si era ritrovato a dover badare al figlio di sua sorella. Levi e basta, il figlio dell’unica donna che avesse mai avuto un qualche valore per lui. Aveva insegnato a quel bambino come sopravvivere, a cavarsela in un mondo tanto ostile come solo la città sotterranea poteva esserlo. Nemmeno lui era tanto crudele da abbandonare un bambino a sé stesso.
I titani fuori dalle mura non erano così pericolosi quanto gli esseri umani, per certi versi erano loro i veri mostri.
Era una delle prime lezioni che aveva impartito al nipote, mai abbassare la guardia. Oltre a come impugnare correttamente un coltello.
«Un moccioso squallido e in punto di morte. Ecco tutto ciò che Kuchel mi ha lasciato»
Una settimana dopo aver incontrato Levi, Kenny Ackerman aveva fatto ritorno nella capitale. Non aveva perso tempo e si era subito recato nelle stanze di Uri. Aveva un bisogno disperato di parlare con il vero sovrano dell’umanità, con un amico.
Il biondo aveva ascoltato in silenzio aspettando che finisse di sfogarsi. Nemmeno lui si sarebbe mai aspettato la morte di Kuchel e un bambino, ma non era certo la fine del mondo come Kenny voleva fargli credere. Ackerman doveva sempre esagerare, ma in fondo era fatto così.
«E non hai idea di chi possa essere il padre?» chiese dopo un lungo silenzio;
«Cazzo Uri. Era una prostituta» il sovrano dell’umanità abbassò lo sguardo mortificato, non voleva offendere la memoria di Kuchel Ackerman.
«Potresti portarlo in superficie. Potrei aiutarti» Kenny sbuffò, continuando a gesticolare nervosamente marciando per la stanza.
«Penso sia più sicuro per lui rimanere nella città sotterranea. Essere un Ackerman non è facile, anche se le persecuzioni sono leggermente diminuite nell’ultimo periodo. Io sono la persona meno adatta ad essere un padre. Non so manco badare a me stesso» Uri scoppiò a ridere non riuscendo più a trattenersi;
«Però ti prendi cura di me» gli fece notare con una sincerità disarmante. Quella semplice affermazione ebbe il potere di bloccare il monologo di Kenny, che si fermò di colpo, come un giocattolo che aveva esaurito la propria carica. Si calò il proprio cappello sugli occhi cercando di fuggire da quello sguardo che da sempre aveva il potere di metterlo a nudo. Davanti a Uri si sentiva sempre spogliato delle proprie difese. Non era mai riuscito a nascondere nulla al vero sovrano dell’umanità, era come un libro aperto, si trovava incapace di mentire di fronte a quegli occhi magnetici.
«Ho deciso che Levi non dovrà mai conoscere la verità. Né il nostro grado di parentela. Tutto ciò che posso fare per quel moccioso è insegnargli come sopravvivere» si trovò ad ammettere mordendosi la lingua. Uri sorrise radioso a quelle parole.
«Ti preoccupi per lui. Vuoi proteggerlo» gli fece notare;
«Quel moccioso è il figlio di mia sorella. Non sono stato in grado di fare nulla per lei, ora posso in qualche modo rimediare» il sorriso di Uri ebbe l’effetto di calmarlo e rassicurarlo. Era questo il vero potere, quel qualcosa che, Kenny lo sapeva, non sarebbe mai riuscito a comprendere. Il vero sovrano, l’essere più forte, colui che possedeva le redini del loro piccolo pezzo di mondo, era un uomo come tanti, anzi per certi versi forse troppo buono per il ruolo che si era trovato a ricoprire.
**
«Ed è in questo modo che si trattano i propri vicini» concluse Ackerman dopo aver rifilato l’ennesimo cazzotto sul viso di un povero malcapitato, che aveva tentato di fregarlo. In un angolo, sul ciglio della strada il piccolo Levi lo osservava, cercando di memorizzare ogni movimento dell’uomo che si stava occupando di lui. Kenny era tornato, gli aveva procurato del cibo, vestiti, regalato un coltello, e ora gli stava insegnando le “regole di buon vicinato”. Stava iniziando a guadagnare peso ed essere più in forze, ma non era ancora in grado di difendersi da solo.
Non sono la tua balia
Odio i mocciosi
Erano frasi che il piccolo Levi conosceva ormai a memoria. Se all’inizio una parte di lui aveva quasi sperato che Kenny fosse suo padre, ora aveva messo a tacere quel desiderio rilegandolo in un angolo remoto della propria mente.
Uri aveva osservato la scena da lontano. Nonostante le lamentele della propria guardia del corpo, aveva espresso il desiderio di conoscere Levi, il famoso “moccioso”.
Il bambino lo aveva da subito guardato male, rifilandogli uno sguardo tagliente che gridava “famiglia Ackerman” da ogni angolazione. Si somigliavano, Kenny e Levi, era innegabile, chiunque vedendoli insieme si sarebbe fatto qualche dubbio in merito alla loro parentela.
Uri trovò il piccolo adorabile, era una versione in miniatura del capitano Ackerman, si muoveva persino come lui.
«Comportati bene moccioso del cazzo» Levi non sembrava volergli dare ascolto.
«È un bravo bambino» ammise Uri una volta tornati nella capitale «Stai proprio facendo un buon lavoro, così avrai esperienza per un domani» Kenny per poco non inciampò nei suoi stessi piedi.
Il sovrano scoppiò a ridere dopo aver visto l’espressione sconvolta comparsa sul viso della propria guardia del corpo.
«Io. Non. Voglio. Avere. Dei. Figli»
Dopo essersi accertato che fossero soli, Uri soffocò ogni altra possibile replica con un bacio.
**
«Diventerai padre»
Uri aveva scelto il momento peggiore per confessarglielo. Al termine dell’ennesima riunione del consiglio, dopo che i sacerdoti del culto avevano scelto sua nipote, Frieda Reiss come prossima sovrana delle mura.
Kenny ricordò di essere scoppiato a ridere credendo fosse solo uno scherzo, un tentativo di Uri di alleggerire la tensione dopo quell’incontro in cui era stata praticamente decisa la data della sua morte. Erano vicini alla fine.
«Stai scherzando?» chiese notando l’espressione severa dipinta sul volto del proprio compagno.
«Secondo te potrei mai scherzare su di una cosa simile?» Kenny non seppe come replicare, cercò solo di mettersi a sedere, metabolizzando le conseguenze di una simile notizia.
«Abbiamo ancora tempo, mi resta un anno di vita. Lui potrà venire al mondo» concluse il biondo, andando a posare una mano sul proprio ventre con un amore e una dolcezza che Kenny non avrebbe mai immaginato di vedere riflessa in quello sguardo. Un sovrano così potente e allo stesso tempo così umano. Era stato letteralmente un colpo di fulmine, da quando si erano incontrati aveva capito che non ci sarebbe stato posto per nessun altro nel suo cuore, mentre ora, un figlio. Scosse la testa.
«No. Uri. È una follia. Sei sempre più debole, lo sai meglio di me»
Uri fu irremovibile. La vita che stava crescendo dentro di lui era un dono. L’ennesimo potere che il titano progenitore gli aveva conferito. Avevano parlato più di una volta di quella possibilità, senza mai prenderla troppo in considerazione. Il re sapeva bene a quale destino sarebbe andato incontro e lo aveva accettato il giorno in cui aveva preso quel fardello sulle proprie spalle. Kenny invece, dopo aver visto le sofferenze patite dalla propria famiglia aveva semplicemente deciso di non averne mai una.
Aveva addestrato Levi, era orgoglioso di suo nipote ma allo stesso tempo sognava il giorno della resa dei conti, in cui avrebbero stabilito chi di loro fosse il migliore, l’Ackerman più forte.
Un figlio. Il destino aveva un pessimo senso dell’umorismo.
Uri Reiss lo aveva messo nuovamente con le spalle al muro e Kenny sapeva di non potersi tirare indietro. Era suo figlio, una sua fottuta responsabilità, l’ennesima promessa con cui il suo re lo condannava a vivere.
Uri sapeva di essere crudele, ma non avrebbe mai lasciato Kenny da solo. Non meritava di piangere la sua morte. Doveva vivere e lo avrebbe fatto per quella vita che stava crescendo dentro di lui.
Gli aveva teso una trappola e in questo modo lo aveva obbligato a vivere.
***
La gravidanza non fu facile. I primi mesi Uri non riusciva quasi a reggersi in piedi, in preda agli sbalzi di umore e cali di pressione. Quando la sua condizione divenne sempre più difficile da nascondere, il sovrano decise di lasciare Mitras per trasferirsi con la propria guardia del corpo nella loro residenza di campagna.
Era una zona tranquilla, di poco lontano dalla capitale, nella regione dei laghi. Nessuno sarebbe mai venuto a disturbarli. Si ritagliarono il loro piccolo angolo di felicità lontani dal resto del mondo, in cui avrebbero finto di poter condurre un’esistenza normale.
Avevano deciso di comune accordo che nessuno avrebbe mai saputo del bambino. Sarebbe stato il loro più grande segreto.
Uri desiderava proteggerlo dalla propria famiglia, dal peso che il sangue dei Reiss comportava. Voleva che suo figlio fosse libero di avere un futuro e non dovesse mai ereditare il suo potere. Frieda avrebbe assorbito i suoi ricordi, ma una parte di lui era certa che la nipote non lo avrebbe tradito, avrebbe capito e rispettato la sua scelta. Tra i figli di Rod, lei era quella con il carattere più simile a lui.
Quei mesi trascorsero in un battito di ciglia. Entrambi sapevano di essere ormai giunti alla fine del proprio viaggio.
Ogni mattina Uri si alzava prima dell’alba solo per poter vedere il sorgere del sole. Amava perdersi nei giochi di colore che la luce creava infrangendosi sulla superficie dell’acqua. Quel piccolo lago gli ricordava l’oceano che li proteggeva e celava dal resto del mondo. Il primo sovrano non aveva cattive intenzioni, voleva creare un paradiso. Una sorta di giardino dell’Eden privo di malvagità o peccato, per questo li aveva condotti su quell’isola, per salvarli.
Uri conosceva la verità di quel mondo. Sapeva di essere il sovrano di una stirpe maledetta. L’umanità fuori dalle mura osservava con paura e rispetto gli abitanti di Paradis, i demoni col potere di tramutarsi in giganti. Avrebbe tanto voluto raccontare quella verità a Kenny ma sapeva di non poterlo fare, come di non poter cambiare la volontà del primo sovrano.
Avrebbe comunque lasciato qualcosa al mondo, suo figlio sarebbe stato la prova che Uri Reiss aveva in qualche modo vissuto, non era stato solo un portatore di volontà. Uri aveva amato, sofferto. Se avesse potuto tornare indietro non avrebbe cambiato nulla della propria vita, era grato per ciò che aveva avuto, era più di quanto avesse mai potuto sperare.
Kuchel venne al mondo all’alba di un giorno d’estate. Kenny fu il primo a prenderla tra le braccia. Prima di quel giorno, il moro non avrebbe mai pensato di provare un sentimento simile. Aveva stretto sua figlia al petto e si era sentito invincibile. Era la prima volta che un altro essere umano esercitava un potere simile su di lui, non lo aveva nemmeno Uri.
«È perfetta» fu tutto ciò che riuscì a dire.
«Semplicemente perfetta»
Kenny non riusciva a staccare lo sguardo da quella cosina minuscola che si muoveva tra le braccia di Uri. Il suo compagno aveva un aspetto orribile, era spossato e pallido ma felice. Era un’emozione completamente nuova che li aveva avvolti senza lasciargli via di scampo.
Erano diventati una famiglia.
Quella felicità però ebbe vita breve, effimera come il battito d’ali di una farfalla.
Uri venne divorato il mese dopo la nascita di Kuchel.
Kenny si ritrovò nuovamente solo.
Per un momento, per un singolo istante aveva odiato profondamente Uri. Lo aveva abbandonato, aveva lasciato sua figlia, e lo aveva legato alla vita. Strappandogli l’ennesima promessa. Kenny sapeva di non potersi ribellarsi ai Reiss, così facendo avrebbe messo in pericolo Kuchel. Non avrebbe mai corso un simile rischio.
Pubblicamente il Capitano Ackerman avrebbe continuato ad interpretare la parte del cane fedele alla corona, mentre in privato pensava solo a come distruggerla, a come ottenere quel potere che lo aveva privato della persona per lui più importante.
Osservò per un lungo istante la culla in cui sua figlia riposava. Era quella la sola cosa che contava, avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla, avrebbe anche sterminato l’umanità.
***
La prima volta che gli occhi di Kenny avevano incrociato quelli di Frieda Reiss, lui aveva capito. Lei sapeva. Quella mocciosa aveva ereditato la coscienza e i ricordi di Uri. Quello era lo sguardo del biondo, Kenny l’avrebbe riconosciuto tra mille. Uri era ancora lì da qualche parte, che lo osservava e giudicava.
«Posso vederla?» fu tutto ciò che la Regina dell’umanità gli domandò quando furono soli.
Kenny finse di non capire ma alla fine si arrese. Quegli erano gli occhi di Uri e lui non era mai stato in grado di negare niente a quelle iridi pretenziose.
«Somiglia a Uri» fu l’unico commento della sovrana, mentre osservava in lontananza la bambina di quasi due anni, che correva felice nei prati.
Kenny l’aveva affidata ad una coppia di anziani contadini senza figli e non appena poteva andava a farle visita. La fattoria in cui vivevano si trovava nelle terre dei Reiss, poco distante da quella dove risiedevano anche un’amante ed una figlia illegittima di Rod. Frieda conosceva quel posto, si era recata spesso a trovare la sorella.
«Hai fatto un buon lavoro Kenny» per un attimo gli sembrò che a pronunciare quelle parole fosse stato Uri.
Qualche tempo dopo anche Frieda morì, come il resto della famiglia reale. Ironia della sorte si salvò solo l’essere più inutile, quel codardo di Rod. Quell’uomo era un verme, l’aveva pensato sin dal primo giorno in cui si erano incontrati e ne ebbe ulteriore conferma quando gli ordinò di uccidere la propria amante di fronte agli occhi della figlia.
Kenny ebbe pietà per quella creatura, Historia Reiss poteva essere sua figlia. Era innocente esattamente come lo era Kuchel. La sola colpa di quella mocciosa era di possedere un sangue maledetto che l’avrebbe resa una perfetta vittima sacrificale. Lo stesso di sua figlia.
Per un po' furono felici. Kuchel ebbe modo di crescere serena lontano dai pericoli che quel piccolo mondo portava con sé.
Kenny le aveva dato quel nome semplicemente perché non gli era venuto un mente altro. Aveva amato solo una donna nella sua vita, ed era sua sorella, poi era arrivata quella creatura che in un secondo gli aveva rubato tutto. Per qualcuno Kenny Ackerman era un mostro, un essere privo di sentimenti o emozioni, per Kuchel era semplicemente suo padre.
Si somigliavano più di quanto volesse ammettere. Era una mocciosa orgogliosa, sapeva stare al suo posto e non faceva domande scomode, per certi versi gli ricordava Levi.
Già il Capitano Levi, presto sarebbe arrivato il momento della resa dei conti finale.
«A che pensi papà?» Kuchel gli si era avvicinata e lo aveva raggiunto;
«Ho un ultima missione da sistemare alla capitale e poi tu ed io ci prenderemo una lunga vacanza» la bambina gli sorrise.
Quella fu l’ultima volta in cui Kenny Ackerman vide sua figlia.
Avrebbe conservato quell’immagine per sempre nella propria mente, Kuchel, sulla scogliera con i capelli mossi dal vento. Ripensò a lei nei suoi ultimi instanti, dopo aver ripercorso tutta la sua vita arrivò alla conclusione che si, qualcosa di buono aveva fatto. Sua figlia. Tutti erano schiavi di qualcosa, lui lo era dal primo giorno in cui quella creature era venuta al mondo.
Levi era davanti a lui, lo fissava. Kenny sapeva cosa voleva quel moccioso, risposte, come sapeva che non sarebbe riuscito a dargliele, non c’era abbastanza tempo. Avrebbe voluto dire tante cose a Levi, ammettere che era orgoglioso dell’uomo che nonostante tutto era diventato. Preferì fare altro, con le sue ultime forze insieme al siero che aveva sgraffignato dalla tasca di Rod Reiss, decise di affidargli una lettera. Kenny l’aveva scritta qualche giorno prima. L’aveva indirizzata a Levi, sapeva che sarebbe stato con lui alla fine. Come sapeva che non gli sarebbe rimasto molto tempo.
Con quelle poche righe Kenneth “Kenny” Ackerman gli affidava il suo tesoro più grande, sua figlia. Levi non disse nulla, bruciò quel pezzo di carta e raggiunse il resto dei propri compagni.
«Sei stato un vero stronzo. Zio»
***
La bambina che ormai non era più tale, gli sorrideva radiosa salutandolo con la mano mentre la sua nave raggiungeva il porto di Marley. Kuchel Ackerman era cresciuta ed era diventata una splendida ragazza, vedendola nessuno avrebbe mai potuto collegarla ai genitori.
Ufficialmente era un’orfana di guerra adottata dal Capitano Levi che si era fatto carico della sua istruzione e formazione. Durante lo scontro, Kuchel aveva servito la nazione di Paradis stando al fianco di Historia. Le due ragazze non sapevano di essere imparentate eppure erano le ultime discendenti della famiglia Reiss.
«Levi» urlò sporgendosi quanto bastava per farsi riconoscere, rischiando di cadere.
Il capitano le fece un breve cenno del capo. Kuchel era felice, aveva potuto vivere un’esistenza serena. C’era stato un istante in cui il Capitano aveva creduto che la lettera di Kenny fosse un falso, che fosse l’ennesima trappola dello Squartatore. Così si era recato a quella fattoria. Gli era bastato incrociare quegli occhi identici ai suoi per capire come fosse tutto reale.
Kenny Ackerman aveva un cuore, era Kuchel. Nonostante tutto era stato un ottimo padre, con le sue azioni era riuscito proteggere sua figlia. Se ora quella ragazza era libera lo doveva a lui, all’uomo che l’aveva celata agli occhi del mondo regalandole un futuro.
«Così questa è Marley?»
Un futuro tutto da scrivere.